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“L’unione fa la forza” – Intervista ad Athanase Tuyikeze

“L’unione fa la forza” – Intervista ad Athanase Tuyikeze

Continua il viaggio de La Valdichiana in Burundi e questa volta vi facciamo conoscere il protagonista della causa che ci siamo presi a cuore: vi racconteremo chi è Athanase Tuyikeze, come è nata la cooperativa “Dufatanemunda”, quali sono i suoi progetti e come pensa di aiutare il suo popolo.

Incontro Athanase a Montepulciano Stazione, paese in cui abita, in un pomeriggio di inzio Maggio. Penso che dopo otto ore di lavoro abbia poca voglia di raccontarmi la sua storia; invece, il ragazzo è un fiume in piena di parole, di aneddoti e di curiosità, con una luce negli occhi che parla da sola, fiero e lungimirante del progetto che sta portando avanti in Burundi.

Ma andiamo per ordine: Athanase Tuyikeze è originario di Vugizo, nella provincia di Makamba a sud del Burundi, paese che ha dovuto lasciare nel 2000 a causa della guerra. Oggi, Athanase è un giovane di trent’anni, laureato in agronomia e lavora nell’azienda agricola Poliziano, una delle più famose cantine produttrici di Vino Nobile della zona.

Ciao, Athanase. Dunque, raccontami subito perché hai scelto l’Italia come Paese in cui vivere.

“Ho deciso di venire in Italia perché nel mio paese c’era la guerra. Mio fratello Venuste Niyongabe era già in Italia per meriti sportivi. Lui era una studente in Burundi, poi ha iniziato a correre e ad allenarsi; è stato notato da un manager italiano di Siena che gli ha proposto di venire in Italia per continuare con questo sport. Dopo che ha vinto le Olimpiadi di Atlanta, nel 1996, mi sono sentito spronato a raggiungerlo qua in Italia”.

Hai raggiunto tuo fratello perché anche tu volevi diventare un atleta famoso?

“A dire la verità sì, speravo di seguire le sue orme, ma lui non ha voluto. Voleva che io studiassi, che mi creassi un futuro diverso e quindi, quando sono arrivato, mi sono subito iscritto a scuola. In Burundi facevo la seconda superiore, ma siccome il sistema scolastico italiano è diverso da quello del Burundi ho dovuto rifare la scuola media e poi mi sono iscritto alla scuola superiore”.

Come hai deciso il corso di studi da seguire?

“Dovevo scegliere se fare il meccanico o se iscrivermi ad agraria, ma la cosa che conoscevo di più e che mi affascinava era l’agricoltura, perché sono nato in campagna e tutta la mia storia familiare è da sempre stata legata all’agricoltura. Con il senno di poi devo dire che questa è stata una scelta ottima. Finite le superiori a Siena mi sono iscritto all’Università di Firenze, dove ho seguito corsi sull’agricoltura tropicale e sulla sicurezza alimentare. Adesso lavoro come operaio agricolo all’azienda Poliziano a Montepulciano Stazione, dove vivo”.

Ogni due anni, Athanase torna in Burundi per aiutare il popolo del suo villaggio natale. Qualche anno fa è nata la cooperativa Dufatanemunda, “l’unione fa la forza”, che ha lo scopo di sviluppare nel suo paese d’origine i concetti appresi durante gli studi agrari e di fornire una reale possibilità di sviluppo sostenibile. Athanase aiuta un gruppo di donne nella cooperativa di mutuo soccorso, affinché possano condividere dei fondi di microcredito per acquistare animali da allevare, semi da piantare e altri mezzi per aumentare la produttività agricola.

Com’è nata l’idea di questa cooperativa?

“Un giorno, mentre ero in vacanza in Burundi, ho conosciuto delle donne che avevano organizzato un sistema di mutuo soccorso per aiutare i bambini del villaggio, i “poveri tra i poveri”. In Burundi alcuni bambini sono nati durante la guerra da rapporti tra militari e donne del paese, praticamente dei figli nati fuori dal matrimonio spesso per violenza ma anche consensualmente. Per molte persone il militare era come un Dio, ma finita la guerra questi sono tornati a casa lasciando i figli soli. Per tutti, quelli erano considerati dei reietti perchè erano senza padre, concepiti e rifiutati. Le madri, invece, erano considerate prostitute dalle famiglie; i figli crescevano stigmatizzati dalla società, continuamente presi in giro.
Questo gruppo di donne, quindi, si è organizzato per fare una cassa comune e aiutare questi bambini, per comprare loro quaderni, penne, vestiti e per pagare le tasse scolastiche. Questa iniziativa mi ha colpito molto, perché avevano capito che nella società c’erano dei problemi che andavano risolti. Così è partito il mio progetto”.

Con un approccio un po’ più agricolo?

“Sì, agricolo e di sviluppo sostenibile. Ho costruito un rapporto con loro e ho aumentato il numero di persone coinvolte. Un gruppo vero, non un’associazione, ma una cooperativa: perché non deve dare aiuto fine a sè stesso ma deve creare lavoro e non aspettare aiuto dall’altro. È importante aiutarci a vicenda diffondendo la cultura d’impresa, le tecniche e le conoscenze  devono essere messe in rete. Adesso, nella cooperativa chiamata “l’unione fa la forza” sono comprese 11 donne e 4 uomini”.

E adesso a che punto è la cooperativa?

“A Febbraio 2015 abbiamo cercato e comprato un terreno, circa 3.500 metri quadrati per 800 euro. Li ho anticipati io, poi me li ridaranno attraverso la cassa comune. Loro, nel frattempo, hanno pulito il terreno dalle piante. Quello che vorrei realizzare è un progetto di orto pilota per insegnare alla gente a piantare frutta e ortaggi e per diffondere tecniche e conoscenze. Ognuno potrebbe avere un pezzettino di terra, imparare a fare la rotazione delle colture e la concimazione a letame. Un orto pilota che migliori la vita e la società”.

E per il futuro cos’hai in mente?

“Da Aprile di quest’anno abbiamo cominciato a lavorare al nuovo progetto, ad un pozzo con pannello solare. Il Burundi è un territorio molto soggetto a cambiamenti climatici e a rischio siccità e quindi serve un pozzo per avere una riserva d’acqua per i periodi di secca. Loro sanno che l’acqua c’è, ma bisogna investirci e per fare ciò servono circa 2.000 euro. Per questo ho pensato di attivare una raccolta fondi in Valdichiana, con un evento al Lago di Montepulciano, con l’obiettivo: “Da una terra di orti come la Valdichiana, a una terra che ha bisogno di orti come il Burundi”. Una volta realizzato il pozzo e quindi gli orti, i prodotti potrebbero essere usati per autosussistenza o venduti al mercato di Vugizo, per fare cassa comune e dare inizio ad un altro progetto”.

Tu riesci a seguire il loro operato abitando in Valdichiana?

“Non tanto bene. Uno di loro per fortuna ha whatsapp sul cellulare e quindi riesce a mandarmi le foto e gli aggiornamenti. Purtroppo, gli altri della cooperativa sono analfabeti, perché in Burundi il tasso di analfabetismo è molto alto e quindi non posso pretendere di comunicare con altri mezzi”.

Da piccolo cosa sognavi di fare da grande?

“Da piccolo il mio sogno era quello di andare nella capitale del Burundi, perché Vugizo è in periferia, con l’auto sono tre ore di viaggio. Non molte, ma considerando che molte persone non hanno la macchina, andarci a piedi era impossibile. Crescendo, nella capitale ci sono arrivato e adesso voglio mettere in condizione di arrivare alla capitale anche la gente del mio villaggio,  per cambiare la realtà e dare una mano a più persone possibile”.

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