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Norme editoriali per la neutralità di genere nel linguaggio

Norme editoriali per la neutralità di genere nel linguaggio

Le parole sono importanti: ci consentono di definire il mondo, di rappresentare il nostro pensiero e di comunicare con gli altri. E hanno un peso sociale e politico, perché possono avere una conseguenza diretta e indiretta sulla nostra vita e sulla nostra percezione della realtà.

Le linee guida che seguono daranno dei suggerimenti di lavoro per la redazione e per coloro che intendono utilizzare un linguaggio attento alla neutralità di genere nella comunicazione pubblica, seguendo un principio di responsabilità dei media che devono tener conto dei cambiamenti sociali e culturali.

Un linguaggio “neutro sotto il profilo del genere” indica l’uso di un linguaggio non sessista, inclusivo e rispettoso del genere. La finalità è quella di evitare formulazioni che possano essere interpretate come di parte, discriminatorie o degradanti, perché basate sul presupposto implicito che maschi e femmine siano destinati a ruoli sociali diversi. L’uso di un linguaggio equo e inclusivo in termini di genere, inoltre, aiuta a combattere gli stereotipi, promuove il cambiamento sociale e contribuisce al raggiungimento dell’uguaglianza.

Le norme editoriali qui presenti sono il frutto di un lavoro svolto dalla redazione, partecipato e condiviso, dopo riflessioni e dibattiti sul tema. Abbiamo tenuto conto delle linee guida del Parlamento Europeo e del lavoro svolto dall’Accademia della Crusca per il Comune di Firenze.

Norme Editoriali

Dal momento che nella lingua italiana i sostantivi hanno un genere maschile e femminile, si incentiva la femminilizzazione di funzioni e mestieri per cui originariamente esisteva soltanto il genere maschile. La mancata abitudine a termini così composti è relativa al mancato accesso, nel passato, a tali ruoli e professioni da parte delle donne.

Dal punto di vista lessicale:

  • I termini in -o, – aio/-ario mutano in -a, – aia/-aria (architetta, avvocata, chirurga, deputata, impiegata, ministra, notaia, sindaca)
  • I termini in -iere mutano in -iera (consigliera, infermiera, portiera)
  • I termini in -sore mutano in -sora (assessora, evasora, revisora)
  • I termini in -tore mutano in -trice (amministratrice, rettrice, senatrice)

Per i sostantivi epiceni, ovvero declinabili sia al maschile che al femminile, è sufficiente mutare l’articolo (es. il presidente – la presidente; il vigile – la vigile; il preside – la preside).

Anche se il termine “uomo” non ha necessariamente una connotazione sessista nella lingua italiana, perché può essere usato come sinonimo di “persona” o di “essere umano”, il termine “uomini” non è consigliabile per descrivere una categoria generica, perché riflesso di una società in cui la presenza femminile era assente in determinate categorie.

Il mancanza di genere neutro, la lingua italiana ha storicamente utilizzato il maschile. Diventa addirittura maschile sovraesteso e generalizzato: basta che un solo uomo sia presente in un gruppo numeroso, infatti, per declinare il plurale al maschile.

Per ovviare alla mancanza di genere neutro ed evitare quanto più possibile il maschile sovraesteso, si consigliano soluzioni alternative:

  • per i termini collettivi, si può oscurare il genere (es. i magistrati – la magistratura; i docenti – il personale docente; i dipendenti – il personale; gli insegnanti – il corpo insegnante; i direttori – la direzione)
  • riformulare le frasi, utilizzando forme impersonali o passive (es. siete tutti benvenuti – vi diamo il benvenuto; il candidato deve inviare il curriculum – il curriculum deve essere inviato)
  • evitare soluzioni che riducono la leggibilità, come sbarre, parentesi, asterischi e chiocciole

Per quanto riguarda l’utilizzo del simbolo ə, chiamato schwa, al posto della desinenza maschile per definire un gruppo misto di persone, viene preferito all’utilizzo dell’asterisco o di altre soluzioni. Viene lasciata libertà personale a chi cura l’articolo (come accaduto in questo caso) di scegliere se utilizzare una forma neutra al posto del maschile sovraesteso: se sceglie di farlo, viene richiesto l’utilizzo della schwa.

Conclusioni

Queste norme editoriali, da usare come linee guida per la redazione della testata “La Valdichiana”, non possono considerarsi esaustive o definitive. Sia perché la lingua muta, sia perché la società cambia. Ci troveremo sempre di fronte a problemi, casi particolari, difficoltà da superare. Il nostro approccio deve essere quello del rispetto, dell’attenzione, dell’inclusività, con la consapevolezza che serviranno periodi – anche piuttosto lunghi – di adattamento e abitudini linguistiche con cui convivere.

Non saremo esenti da errori, ma ci impegneremo a fare del nostro meglio. Se avete suggerimenti, critiche e consigli: scriveteci!

(aggiornato sabato 9 settembre 2023)

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