In concomitanza con la festa dei lavoratori del 1° Maggio, a Foiano della Chiana si è svolto il primo raduno dei trattori d’epoca OM/FIAT, conosciuti da tutti come l’esercito dei trattori arancioni. Durante l’evento organizzato dal Club Amici della Zucca, i mezzi simbolo dell’agricoltura del dopoguerra italiano hanno sfilato per le vie del borgo foianese raccontando la loro storia. Tra i protagonisti della sfilata i modelli di punta come il Fiat 211, il 411 e l’OM 513, fino ai modelli più recenti come quelli dell’edizione “Nastro d’oro” di cui facevano parte il 450, il 550 e il 650 e “Le gomme alte” o l’OM 850, il Fiat 1000 e il 1300.
La storia dei trattori arancioni inizia nel 1958, periodo in cui comincia a vacillare il sistema mezzadrile del nostro territorio lasciando il posto alla coltivazione diretta dei terreni. All’inizio il trattore, una macchina di piccole dimensioni, affiancava il lavoro delle vacche e dei buoi e solo dopo il 1964, con l’inizio della chiusura delle stalle, le potenze di queste macchine sono cresciute e sono diventate più adatte a svolgere lavori più impegnativi. Il trattore di media potenza veniva affiancato da una macchina di piccole dimensioni che si sostitutiva al lavoro a trazione animale per i trasporti di cereali, fieno, legna, mais e girasole.
Durante l’evento foianese, ho incontrato Pietro Rampi, coltivatore della Valdichiana ma anche esperto conoscitore di questi mezzi, che mi ha raccontato come è avvenuto il passaggio dalla mezzadria alla coltivazione diretta dei terreni.
“I trattori arancioni hanno fatto la storia della nostra Valdichiana. Questi mezzi sono stati comprati dai nostri agricoltori alla fine degli anni ’50 e all’inizio anni ’60. Prima il terreno veniva lavorato dai contadini delle famiglie mezzadrili e da piccoli coltivatori diretti: le vacche e i buoi castrati venivano usati per lavorare la terra, ma questo non bastava più, c’era bisogno di aumentare la produzione per stare dietro al boom economico del dopoguerra italiano. A questo punto, quindi, vennero introdotte delle macchine particolari, piccolissime come la 211, e successivamente la 250, la cui trazione corrispondeva a quella di un paio di buoi” – mi spiega Pietro.
Gli inizi degli anni ’60 sono anni in cui la nostra agricoltura e tutto il territorio si trova in pieno fermento, cadono gli antichi sistemi economici per lasciare il posto a nuovi assetti. Oltre quindici anni di grandi cambiamenti nei quali l’agricoltura cambia faccia e le macchine sempre più performanti nella tecnologia seguono questa evoluzione.
“Dal 1957-58 fino al 1965-66 la lavorazione dei terreni era ancora mista: per metà venivano lavorati con il trattore e per l’altra metà ancora con le vacche o con i buoi. Questi sono gli anni in cui la Fiat si stava evolvendo, le macchine cingolate venivano usate nelle grandi aziende, che finito il lavoro, andavano ad aiutare i contadini mezzadri. In questo frangente si va a inserire una storia particolare, quella di Edro Gabellieri, agricoltore maremmano che vide nella Valdichiana un territorio interessante per la coltivazione della barbabietola da zucchero. Edro, a metà degli anni 60, comprò 1500 ettari di terreno nella campagna di Montepulciano, e per coltivare questo tipo di pianta aveva bisogno di macchine che facessero vari tipi di lavori e che rimpiazzasse del tutto il lavoro degli animali, e quindi comprò circa 40 trattori tra modelli 615 e 715. Sul cofano di questi trattori venne posto un numero per renderli riconoscibili e per celebrare questo grande investimento che per l’economia del territorio rappresentava una boccata di ossigeno”
“Negli anni della serie ‘nastro d’oro’, le aziende cominciavano ad avere bisogno di più di una macchina, in quanto una più pesante, sia di cilindrata e che di potenza, serviva per lavorare il terreno mentre una più leggera per fare altri tipi di colture. Alla fine degli anni 90 e con la serie 50 arrivano le potenze più grosse. Il dopoguerra italiano è stato un periodo difficile per tutti. C’era un Paese da ricostruire, un sistema economico da riprogettare, ma la voglia di fare non mancava affatto, come la fantasia dei nostri contadini. Non tutti potevano permettersi di acquistare uno dei trattori descritti fino ad ora e quindi c’è stato chi si arrangiava mettendo insieme varie parti di mezzi agricoli diversi”– mi racconta Pietro che mi saluta con un aneddoto molto bello della vita di campagna del dopoguerra chianino: “Quando ero piccolo mi hanno raccontato di un agricoltore che ha montato le ruote di una mietitrebbia su di un trattore, ha attaccato il rimorchio ed è andato a lavorare il campo. Queste ruote però si sono pienate d’acqua e quando il contadino in questione è arrivato a metà campo, il trattore si è impennato e la lavorazione del campo non è stata davvero proficua”.
Il raduno dei trattori arancioni di Foiano della Chiana, oltre a celebrare uno dei mezzi simbolo dell’agricoltura, è stato un bel momento per conoscere e tramandare racconti e aneddoti storici del nostro territorio negli anni del dopoguerra.