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La casa colonica “Il Canale”: il percorso dell’acqua e della storia a Sinalunga

La casa colonica “Il Canale”: il percorso dell’acqua e della storia a Sinalunga

(articolo a cura di Emma Licciano)

È proprio bella e suggestiva questa nostra campagna verso la Via Lauretana e lo sanno bene i sinalunghesi che la godono lungo il tragitto divenuto “la passeggiata” che molte generazioni hanno percorso nel tempo e che oggi si presta per allenare podisti e ciclisti. La sinuosa strada piana costeggia anche una piccola radura di recente abitata da caprioli che indisturbati si spostano tra vigne, oliveti e piccoli tratti di bosco circostanti. Dietro ogni curva del percorso si affaccia qualche casa colonica, testimone della mezzadria post bonifica che ha sostenuto con il lavoro dei contadini, l’economia della zona per oltre un secolo. Ogni casa, un podere: un’azienda agricola con un proprio nome: la Cocca, la Scatena, la Vallina e, sulla Lauretana, Costallaia, il Mandorlo e poi su, il Castelletto verso Collalto.

A metà del percorso verso il cammino lauretano su un’ampia e ariosa curva sul fianco della collina che guarda la valle verso sud fino all’orizzonte con Torrita, Montepulciano e il Monte Amiata, si impone una costruzione dalla struttura diversa da quella più varia dei poderi circostanti. È la casa de Il Canale, costruzione massiccia dall’aspetto di un solido alto cubo pari ai tre piani fuori terra e da almeno mezzo secolo tinteggiati di un giallo paglierino che non stona con il verdeggiante paesaggio intorno. Anzi, il suo chiarore ne sottolinea la presenza quasi a esprimere la volontà dei proprietari che si sono succeduti, che l’edificio venisse notato. Il proprietario attuale, Massimo Roggi amante di storia locale, ha intrapreso lavori di un restauro accurato che ha già evidenziato elementi strutturali interessanti.

Il nome, Il Canale, riporta alla presenza dell’acqua che si manifesta nella fonte in travertino lungo la strada e più in alto in quella che sembra una grande peschiera: la cisterna in muratura confinante con l’edificio. Il bacino costruito in mattoni e pietra presenta un rivestimento interno a calce, dal bordo superiore sagomato con una sequenza di archi, che copre la metà delle pareti. Sul fronte di quella che guarda la valle è presente il bassorilievo di una Madonna incoronata con Bambino, una sorta di benedizione o indicazione di un percorso religioso. Infatti accanto alla grande vasca si inerpica ancora oggi un viottolo che prima attraversava i campi aggrappati alla collina, per raggiungere al livello superiore, la strada con la chiesa della Madonna del Rifugio e il Convento francescano e che conduce alla via Lauretana: strada di origine etrusco romana che fin dal XV secolo collegava Siena a Cortona. Si ipotizza che i pellegrini e gli animali dei contadini trovassero alla cisterna del Canale, edificio menzionato fin dal 1300, l’acqua necessaria per proseguire il cammino.

La presenza dell’acqua lungo il percorso che conduceva verso la chiesa e la via Lauretana, acquistava per il pellegrino anche un significato religioso di purificazione e rinascita. Oggi, durante i lavori di restauro, l’acqua è ritornata presente anche in una serie di tre cunicoli i cui accessi e percorsi paralleli si trovano vicini alla cisterna e alla base dell’edificio. Gli ingressi hanno aperture ad arco fortificate da mattoni per un’altezza massima di poco più di un metro. All’ingresso il primo passo poggia già sull’ambrato terreno argilloso impermeabile che da secoli indirizza l’acqua convogliandola all’esterno o raccogliendola all’interno verso piccoli bacini. Le pareti, visibilmente scavate dall’opera umana confermata anche da incomprensibili grafie e parole, raccontano la storia geologica del terreno tramite le stratificazioni visibili in diverse colorazioni e densità di ciottoli, calcare e tufo.

La rete dei condotti, a livello del terreno calpestabile, sembra sorreggere l’edificio sovrastante anch’esso con una storia, rilevabile dalla presenza dei diversi materiali di costruzione. Infatti sul terreno poggia un alto zoccolo di pietre ben assemblate a formare un basamento che potrebbe ipotizzare una originaria struttura di una larga torre, forse di avvistamento, come potrebbe essere stata anche la costruzione dalle alte mura de Il Castelletto sulla collina dietro quella del Canale. La fortificazione potrebbe essere stata convertita poi in ipotetica Grancia, vista l’alta parete in mattoni molto evidente posta tra quella in pietra e i due piani soprastanti dell’edificio. Sulla parete di mattoni sono allineate tre piccole finestre che nelle grance areavano il deposito del grano mantenendolo asciutto.

La Grancia era una struttura in muratura che conservava grandi quantitativi di grano e che si diffuse fino al XIV secolo all’interno di monasteri ed in seguito nei pressi di luoghi di produzione. Nella vicina confinante Rapolano è presente la trecentesca Grancia appartenuta allo Spedale Santa Maria della Scala di Siena che a Montisi costrui un fortilizio organizzato ad uso di Grancia, utilizzando i beni ricevuti in dono dal signore del luogo: un Cacciaconti. Nel territorio, la ghibellina famiglia medievale fu a capo di tumulti contro il governo guelfo di Siena che pertanto stabilì di allontanarla dalla signoria di Sinalunga e ne ordinò la distruzione delle mura del loro castello. A testimonianza, nel Borgo di Sinalunga restano Via Cacciaconti e Via delle Mura dove sono visibili le tre torri superstiti.

Non meno sorprese riservano i piani superiori del Canale che Massimo ha incontrato durante le varie fasi di restauro nel tempo. La parete di una stalla fiancheggia il percorso adiacente di uno dei cunicoli di cui si percepisce che, dopo la parte percorribile sbarrata da un terrapieno, ha un andamento in salita che piega in una curva. Nello stesso locale dietro una parete abbattuta è stata ritrovata una nicchia a mattoni di diverse cotture, alta oltre due metri: l’ipotesi fatta è che possa essere un antico pozzo interno che verosimilmente attingeva l’acqua dal terreno sottostante, dove si trova il livello dei cunicoli. Potrebbe essere però anche quello che resta del fondo del forno la cui bocca venne eliminata per edificare la parete, poi abbattuta per scoprire cosa nascondeva, visto che colpendola rimandava un suono di cavità nascosta. È per lo stesso motivo che Massimo ha abbattuto al piano superiore l’intonaco di una parete accanto ad una finestra ed è apparso un curioso allineamento di recipienti tutti uguali di un cotto sottile e senza l’imboccatura, murati dalla parte del fondo nella parete. Sopra la fila dei recipienti sferici sono murate delle mezzane, i mattoni toscani spessi la metà di quelli usuali, a formare degli spazi come la suddivisione in ripiani e divisori all’interno di un armadio. Sembra che tutto questo preciso e razionale allestimento fosse una fantasiosa soluzione per alleggerire la struttura perimetrale del piano più alto dell’edificio, ma il fascino che sprigiona, la curata modalità costruttiva, la scelta dei materiali ci conducono in un passato ancora non quantificato che comunque fa parte della nostra storia.

Il Canale di certo rappresenta una testimonianza ancora silenziosa che vuole solo essere osservata, ascoltata e studiata per conoscere meglio l’importanza di chi ci ha preceduto nei luoghi che viviamo oggi.

(articolo a cura di Emma Licciano)

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