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Serge Latouche e la sua idea di Europa. Intervista all’economista filosofo francese

Serge Latouche e la sua idea di Europa. Intervista all’economista filosofo francese

Lunedì 7 luglio la Riserva Naturale del lago di Montepulciano ha accolto Serge Latouche, economista e filosofo francese di fama internazionale, ottenuta grazie alle sue teorie della decrescita felice, del convivialismo, del localismo e da sempre grande avversario dell’occidentalizzazione del pianeta. L’incontro, organizzato da Legambiente e dagli Amici del Lago di Montepulciano, si è rivelato un momento di condivisione delle tipiche tematiche della ricerca accademica di Latouche, ha spaziato su temi quali la biodiversità, l’autonomia agricola, resilienza e i processi di costruzione di un Biodistretto in Valdichiana.

Serge Latouche è conosciuto in tutto il mondo per le sue opere di antropologia economica e per la sua critica ai modelli di imperialismo culturale e all’utilitarismo. Noi de La Valdichiana lo abbiamo incontrato e gli abbiamo posto alcune domande per capire meglio le sue teorie anche in relazione a quello che è l’attuale scenario europeo.

Buonasera Serge, Lei “contesta” la visione del mondo occidentale che mette al primo posto il fattore economico come indicatore di benessere. Ma secondo lei quale potrebbe essere il modo migliore per parlare in termini di ricchezza, soddisfazione e appagamento?

“Questa idea di indicatore è un’idea tipicamente moderna e occidentale. Per secoli le civiltà occidentali, appunto, hanno vissuto con la concezione di avere un indicatore di benessere, non se questo è bene o è un male, ma so che, avere un indicatore è una grande ossessione. Che cosa significa essere felice al 50% o al 70%, questa è una cosa assurda e tutto è partito dal momento che si è detto che il consumo aveva un prezzo e che tutto si valuta con il denaro. Dobbiamo uscire da questa ossessione e per capire se stiamo bene basta dire: “Sei felice o non sei felice”?

Può dirci cosa ne pensa dell’Europa, in particolare delle ultime elezioni europee, e quali politiche ritiene debbano essere attuate per seguire le sue teorie?

“Per seguire le mie teorie, l’Europa dovrebbe andare in direzione totalmente opposta. Oggi, la parola più usata in Europa è la parola competitività, ma cosa significa competitività? Produrre ad un prezzo più basso del vicino? Va bene, ma se il vicino può cavarsela perché fa concorrenza usando il lavoro dei cinesi e le mie operaie accettano di avere un salario più basso pur di lavorare, non va bene. Non possiamo seguire tutti il vicino altrimenti il mondo non andrebbe da nessuna parte. Per avere il benessere si deve creare il malessere più forte e l’Europa, seguendo questa strada, sta sbagliando totalmente”.

Qual è il suo punto di vista su progetti di sviluppo internazionale promossi da ONG, come la FAO, per lo sviluppo nei Paesi del Terzo Mondo? Mi può dire una sua opinione su IFAD?

“La FAO ha avuto una visione ed è stata in grado di cambiare molto le cose. Per molti anni la FAO è stata in favore dell’agricoltura produttivista e di modernizzazione, mentre recentemente ha cambiato la sua visione, ha capito che per nutrire il mondo c’è bisogno di una agricoltura più biologica e questo mi sembra la visione più giusta”.

Lei teme il costo transazione verso il modello della decrescita, parlando in termini di disoccupazione, stato sociale e calo della popolazione? E una volta che le economia di scala salteranno ci sarà terra per tutti?

“Non sono ne agronomo ne profeta, ma come diceva Mahatma Gandhi: “La terra è abbastanza grande per soddisfare i bisogni di tutti, ma sarà sempre troppo piccola per soddisfare l’avidità di alcuni”. Dunque il problema non è che la terra non sopporterà una popolazione troppo grande, ma se i demografici dicono che la stabilizzazione della popolazione ci sarà nel 2050 a 10/12 miliardi è possibile che la terra non basterà e il problema non è che la popolazione di oggi è troppo forte, il problema è che molti hanno un’impronta ecologica troppo forte e se tutti vivevano come gli australiani ci sarebbe già troppa popolazione, mentre, viceversa, se tutti avessero vissuto come gli abitanti del Burkina Faso saremmo circa 23milioni e sarebbe stato un dato abbastanza sostenibile. Il problema non è la quantità di uomini è il consumo di alcuni uomini”.

La crescente obesità delle persone può essere legata a fattori di accesso al credito, alla pubblicità e alla obsolescenza programmata?

“È determinata dal sistema alimentare che risulta dal complesso agroindustria, della distribuzione attraverso i supermercati e dell’agricoltura industriale che fa dei prodotti con agricoltura basata su pesticidi, trasportati e venduti nei supermercati. Tali prodotti contengono troppi grassi cattivi, perché il grasso non è cattivo in se, dipende dal tipo, ed è il cattivo cibo che genera obesità. Non è la pubblicità o l’accesso al credito che genera obesità, la pubblicità induce a comprare ma non sempre sono prodotti di bassa qualità quelli che vengono pubblicizzati”.

Quali possono essere le strade per invertire la tendenza e raggiungere “l’arte di limitarsi”, come dice lei?

“L’arte di limitarsi è una cosa che dipende dalla disciplina personale, dall’educazione, del sistema d’informazione e dal risultato della creazione della mentalità. Siamo formati da un tipo di propaganda e si deve cambiare il tipo di propaganda che per anni ci hanno detto,che la dismisura doveva far parte dell’uomo e quindi tutte le culture cercavano di inquadrare questa dismisura. Di per se non è cattivo fare delle cose eccezionali che a sua volta portano a fare delle belle cose, ma è il fatto che tutte le cultura hanno cominciato ad imitarsi- Già nel XVII secolo Benville disse che siamo tutti sbagliati: “Dobbiamo liberare le passioni, l’avidità e la ricerca del potere”, quello che chiamavano “vizio” portava alla ricchezza pubblica, l’avidità era considerata una buona cosa ed il risultato è state persone come il “Lupo di Wall Street”, oppure Berlusconi che l’ha capita bene questa cosa – ride e conclude – Noi siamo troppo sulla strada della illimitatezza e quindi dobbiamo ritrovare i nostri limiti per vivere tutti meglio”.

Ringraziamo Serge Latouche per averci concesso questa bella intervista dove è stato espresso, in maniera semplice, quello che è il suo pensiero e come dovremmo comportarci per vivere tutti nel modo migliore.

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