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Capitano Ultimo: legalità e partecipazione, i valori per fare comunità

Capitano Ultimo: legalità e partecipazione, i valori per fare comunità

Proprio nei giorni in cui il Tar del Lazio respinge il ricorso per mantenere la scorta, il Capitano Ultimo, colonnello Sergio De Caprio, arriva a Montepulciano per incontrare gli studenti dei Licei Poliziani in un appuntamento organizzato dall’Istituto scolastico superiore e dalla Fondazione Torrita Cultura, con il patrocinio dei Comuni di Montepulciano e Torrita di Siena.

Volto semicoperto da un passamontagna ma con gli occhi senza maschera, Sergio De Caprio, oggi colonnello dei carabinieri, ha incontrato gli sguardi degli studenti poliziani vogliosi di conoscere lui, le sue imprese e cosa avvenne esattamente in quella fredda mattina del 15 gennaio 1993 quando Totò Riina venne arrestato. Un’operazione eclatante, un arresto fondamentale, un colpo grosso alla mafia e alla criminalità organizzata che in quegli anni stava segnando gravemente il nostro Paese.

Ex allievo della ‘Nunziatella‘, tenente al termine dell’Accademia Militare di Modena e formato nella Scuola Ufficiali di Roma, De Caprio chiede di essere trasferito in Sicilia poco più che ventenne, dove presta servizio per due anni come Comandante della Compagnia di Bagheria. Qui nel 1985, a soli 24 anni, arresta i latitanti Vincenzo Puccio e Antonino Gargano, braccio destro di Bernardo Provenzano e killer del Capitano dei Carabinieri Emanuele Basile. Dopo i risultati ottenuti in Sicilia nella lotta alla mafia, viene trasferito a Milano, dove diventa capitano del Ros; è qui che Ultimo fonda il Crimor, Unità Militare Combattente operativa a Palermo dal settembre 1992 e sciolta nel 1997. Oggi il Capitano Ultimo è impiegato presso il Comando carabinieri forestali, nel Reparto biodiversità e parchi, e gestisce una casa famiglia nella periferia di Roma, dove assieme ai volontari dà assistenza ai ragazzi meno fortunati.

Indubbiamente l’arresto di Totò Riina segna l’esistenza del colonnello De Caprio. La cattura gli costerà l’accusa di favoreggiamento a Cosa Nostra insieme al generale Mario Mori, uno dei fondatori del Ros. I due furono rinviati a giudizio su richiesta dell’allora sostituto procuratore di Palermo, Antonio Ingroia, per aver omesso di informare la Procura che il servizio di osservazione alla casa di Riina era stato sospeso, causando così, secondo l’accusa, un ritardo nella perquisizione del covo del boss. Nel 2006, Ultimo e Mori sono stati prosciolti “perché il fatto non costituisce reato”.

Il Capitano Ultimo, che da quel 15 gennaio 1993 vive con il volto coperto perché continuamente minacciato da chi è pronto a vendicarsi contro chi ha portato in carcere uno dei capi mafia più sanguinari della nostra storia, ha scelto il nome Ultimo ‘perché vedevo che tutti volevano essere primi, volevano emergere e ricevere prestigio. Credo che il lavoro del carabiniere sia un donare e non un avere”

Nel suo periodo più difficile, Capitano Ultimo trova aiuto nel capo Apache delle bianche montagne, Ronnie Lupe e nelle aquile. Il capitano, affascinato dalle tecniche di combattimento degli Apache, un giorno decise di scrivere al loro capo; da un loro incontro e un sogno particolare, il colonnello riuscì a ritrovare forza e determinazione. Per gli Apache le aquile sono delle guide: ‘le aquile fanno stare bene, nel volo ti senti libero’. Destino vuole che esattamente 17 anni dopo quel 15 gennaio 1993, il Capitano Ultimo balzi di nuovo agli onori della cronaca, per la sentenza emessa dal Tar del Lazio in cui gli viene revoca la scorta. Decisione che il colonnello commenta così: ‘Da oggi colpire il capitano Ultimo sarà più facile per tutti’.

Sicuramente quelli colpiti dal suo coraggio sono stati gli studenti dei Licei Poliziani nel corso dell’incontro che si è svolto agli ex-Macelli di Montepulciano. In una realtà in cui si respira odio, paura del prossimo e dove si stanno perdendo di vista molti dei valori per cui ci siamo battuti, la vera rivoluzione è trovare il coraggio di parlare di legalità come opportunità per il futuro, di ribellione senza uscire dalle regole, voglia di acquisire conoscenze e interiorizzare quei valori che stanno alla base della convivenza civile: “Dovete fare vostri i problemi del territorio, non aspettare che qualcuno li risolva per voi, la legalità si costruisce, non è un dono, e per combattere la criminalità l’unica strada è partecipare. Sbagliate pure ma proponete alternative nella vostra comunità perché la comunità è tutto”.

Non serve molto per fare la rivoluzione, serve solo essere umani, assumersi le proprie responsabilità, sbagliare e imparare, sviluppare una coscienza civile che derivi dalla legalità. Attraverso l’uguaglianza si deve arrivare alla fratellanza e alla partecipazione in cui i valori siano condivisi, così da far nascere quella comunità in grado di abbattere qualsiasi tipo di criminalità. Nei suoi racconti, il colonnello De Caprio non lascia spazio a gesti eroici, ma parla di comunità ed equità sottolineando il vero valore di libertà, quella libertà, che come dice Gaber ‘non è star sopra un albero, non è neanche avere un’opinione, la libertà non è uno spazio libero, la libertà è partecipazione’.

Capitano Ultimo non si arrende alla decisione della revoca della scorta del Tar del Lazio e continua la sua battaglia. Ma è proprio il giorno seguente all’incontro con gli studenti dei Licei che arriva la decisione del Consiglio di Stato di ripristinare la scorta al Colonnello Segio De Caprio. Il Consiglio di Stato ha riconosciuto che “deve essere garantito” un livello di protezione all’uomo che arrestò Totò Riina, tutto questo almeno fino alla discussione collegiale fissata per il 20 febbraio 2020.

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