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Quizas, Quizas, Quizas in scena al Teatro Caos di Chianciano: intervista a Manfredi Rutelli e Cristina Aubry

Quizas, Quizas, Quizas in scena al Teatro Caos di Chianciano: intervista a Manfredi Rutelli e Cristina Aubry

Si intitola Quizas, Quizas, Quizas, come la canzone di Osvaldo Farrés, cantata da più o meno tutti i crooners del mondo, ed è la nuova produzione di LST Teatro, che aprirà la nuova stagione teatrale del Teatro Caos di Chianciano Terme, organizzata e diretta dalla compagnia LST Teatro e patrocinata dal Comune di Chianciano Terme, sabato 30 novembre, alle ore 21:15.

Manfredi Rutelli, dopo il successo di Tacabanda e de Il secondo figlio di Dio che, portato in scena da Simone Cristicchi, ha trionfato nei teatri italiani, scrive una nuova delicata commedia al femminile: Quizas, Quizas, Quizas. Questa volta la protagonista è una donna, la bravissima Cristina Aubry, alle prese con uno dei temi più attuali della società moderna: la perdita del lavoro, tema trattato con leggerezza e umorismo.

Le donne della commedia italiana sono tradizionalmente tratteggiate in maniera peculiare: sono molto spesso donne al limite, sull’orlo di quello che – a seconda delle prospettive – può essere sia un baratro che un trionfo. Una cosa è certa: è molto raro che siano donne passive. Non subiscono quasi mai l’ordine degli eventi ma se ne rendono – prima o poi – artefici. Sarà che le maschere della commedia dell’arte italiana – fondamento del teatro moderno – proponevano figure femminili sempre attive, finanche nei ruoli di servetta o di locandiera. Anzi, era proprio nelle condizioni di subalternità che queste rovesciavano gli schemi ‘patriarcali’ della società, sbeffeggiando i Padroni e rifiutando obblighi sociali, matrimoni forzati, avances di vecchi libidinosi e soldati fanfaroni.

La penna e la visione scenica di Manfredi Rutelli entrano perfettamente in questa tradizione: il suo modo di raccontare e di rappresentare le figure femminili porta con sé le grandi maschere femminili della nostra commedia. Per Quizas Quizas Quizas, la figura femminile è Cristina Aubry, attrice e doppiatrice, che si confronta con un personaggio molto complesso dal punto di vista recitativo: la protagonista dello spettacolo è infatti Anna, una donna sulla cinquantina, che rimane bloccata dentro l’ascensore mentre sta salendo per andare a un appuntamento importante, presso un’agenzia di consulenza per chi perde il lavoro. Collegata con l’esterno solo grazie all’interfono dell’ascensore, Anna cerca una rocambolesca via d’uscita. In un turbinio di situazioni paradossali e comiche, tra ricordi giovanili e familiari, Anna si ritrova a fare i conti con un’esistenza mai facile, mentre intorno a lei le luci vanno e vengono, e le note della canzoncina “Quizas, quizas, quizas”, diffusa dall’interfono dell’ascensore, si confondono con il rumore delle corde d’acciaio e delle lamiere. Abbiamo incontrato Manfredi Rutelli e Cristina Aubry pochi giorni prima del debutto.

Innanzi tutto è interessante parlare di incontri umani: come è avvenuto l’incontro tra Manfredi Rutelli e Cristina Aubry? Che peso ha avuto il rapporto umano nella preparazione di questo spettacolo?  

Manfredi Rutelli: Questa è la fortuna di essere in una compagnia teatrale indipendente, dove cosa fare e con chi possiamo sceglierlo liberamente. Conosco Cristina da tanti anni; abbiamo già avuto occasione di lavorare insieme, quando la diressi in uno spettacolo di Pierpaolo Palladino, L’ultimo angelo. L’avevo vista recitare tante volte a Roma, è stata ospite del Festival Orizzonti con uno spettacolo intitolato Al Pacino e insomma, credo ci sia stata tra noi sempre, oltre che una piacevole amicizia, anche una profonda stima reciproca. Così, quando LST ha deciso di produrre questo spettacolo, è stato abbastanza spontaneo per me pensare a Cristina come interprete. Le ho fatto leggere il testo e, bontà sua, a lei è piaciuto. Così si è concretizzata questa nuova collaborazione. Ci siamo chiusi dentro il Teatro Caos a Chianciano Terme e abbiamo fatto nascere questo spettacolo, tra chiacchiere, mangiate e prove estenuanti…

Perché proprio  “Quizás Quizás Quizás”, come brano da utilizzare in una dimensione claustrofobica dell’ascensore? 

Manfredi Rutelli: Beh, intanto mi divertiva l’effetto paradossalmente comico di una canzoncina così spensierata in una situazione così angosciosa come quella che sta vivendo la nostra ansiosa protagonista. Ma poi c’è  anche il tormentone di questo “chissà, chissà, chissà” che è infondo il canto di una speranza disperata e allo stesso tempo fiduciosa, ottimistica, della nostra Anna, che spera, con il colloquio che deve fare all’agenzia che sta raggiungendo con l’ascensore, di poter risolvere una situazione personale, economica, molto problematica, come può essere quella della ricerca di un lavoro da parte di una donna non più giovanissima che si trova a fare i conti con un’esistenza mai facile. Chissà come le andranno le cose, chissà se l’aiuteranno a ricollocarsi, chissà se risolverà i suoi complessi nei confronti della figlia, e, soprattutto,  chissà se la tireranno fuori da quell’ascensore dove, molto metaforicamente, è rimasta intrappolata.

Lo spettacolo prevede un grande lavoro tecnico di allestimento: ci sono voci fuori scena, particolarissime sonorizzazioni che hanno un peso diegetico; spesso sono dei veri e propri inneschi narrativi: è come se chi sta dietro i mixer abbia una responsabilità “performativa” al pari degli attori. È una caratteristica di LST? Nel processo creativo degli spettacoli, consideri da subito gli elementi tecnici e i props di scena? 

Manfredi Rutelli: Vedi, per me suoni e luci sono fondamentali in uno spettacolo. Probabilmente la mia passione per il cinema, che non ho mai neanche provato a fare, ma di cui mi sono nutrito sin da bambino quando chiudevo tutto e facevo buio nella mia cameretta e proiettavo sulla parete i cartoni animati di Paperino e Topolino, me la porto ancora dietro. Così come porto con me la mia passione per la musica, i suoni, la sonorizzazione. Paradossalmente per uno che scrive, delle parole ne potrei fare anche a meno,  ma non potrei rinunciare alla visione scaturita dai suoni, rumori, azioni su musica, luci suggestive. Per questo ricerco sempre non una colonna sonora, non un sottofondo musicale, ma un partitura musicale, un corpo sonoro concreto; non un accompagnamento per le azioni, ma proprio un’altra azione. Credo che il suono possa avere la stessa energia di un’azione, lo stesso impatto emotivo sullo spettatore. E così per le luci. Ho la fortuna di lavorare, in LST Teatro, con musicisti come Paolo Scatena e Massimiliano Pace, con tecnici appassionati e preparati, con loro ci piace esplorare, e i nostri prossimi progetti, quelli che abbiamo in mente di realizzare nel 2020, saranno un’ottima occasione di studio e ricerca.

Lo schema drammaturgico dello spettacolo sembra familiare ai classici del teatro contemporaneo come Il calapranzi di Harold Pinter o Giorni felici di Beckett. Quando scrivi hai dei riferimenti? Dei “Maestri”?

Manfredi Rutelli: Accidenti, se avessi saputo di poter essere minimamente accostato ai due mostri sacri che hai citato, camminerei a 30 cm da terra! No, il mio è un artigianato molto più semplice: racconto storie. Nient’altro. Questo è il mio unico riferimento. Raccontare una storia. Questa storia mi è balenata in testa in un periodo della mia vita in cui effettivamente avevo delle difficoltà professionali ed economiche e anche relazionali, visto che non è mai facile ammettere, alle persone care che hai vicine, l’ipotesi, il rischio, di un fallimento. È un modo catartico di superare certe situazioni in cui ognuno di noi potrebbe venirsi a trovare. E non chiedermi il perché abbia trasferito tutto questo a un personaggio femminile, anziché in uno maschile,  visto il mio “genere”, perché si potrebbero aprire meandri da psicanalisi che potrebbero lasciar intendere cose che non sono. Chissà, chissà, chissà… Scherzi a parte, mi piace scrivere di personaggi femminili, non so perché, ma mi viene facile. Forse perché ho vissuto e tutt’ora vivo con moglie e due figlie, circondato da donne; sin da bambino sono state tante le presenze femminili nella mia vita. Mi  piace esplorare quella dimensione, che mi affascina, da cui sono infinitamente attratto e di cui sono perennemente incuriosito. E quando ho pensato alla storia da raccontare, ho pensato subito a una donna come protagonista: Anna. Era lì, con l’urgenza di raccontare la sua vita, i suoi rapporti, i suoi problemi con la madre, con la figlia, e con gli uomini, che in questa vicenda non fanno mai una bella figura!

Quanto è rilevante il fatto che la protagonista sia una donna? Quanto di questo personaggio è visceralmente – o sei vuoi stereotipicamente – femminile? 

Cristina Aubry: Con Manfredi ci conosciamo da anni e mi ha già diretta in uno spettacolo di Palladino, L’ultimo angelo. Questo testo è nato proprio per il teatro Caos. È stato importante, per me, venire a Chianciano e già dal primo giorno avere il teatro a disposizione. Si è creata una bella intimità, è stato come un ritiro nel quale la concentrazione era totale. Il personaggio di Anna è quello di una donna sui cinquant’anni che vive una condizione di solitudine e fallimento su tutti i fronti. Perdere il lavoro in un’età in cui non si è più giovani e non ancora vecchi è molto difficile per entrambi i sessi. Forse per una donna, socialmente, è ancora più discriminatorio. È femminile, secondo me, il fatto che abbia il coraggio di mettersi a nudo e a poco a poco crollino tutte le maschere; credo che questo coraggio sia strettamente femminile e in qualche modo dietro tanta fragilità si nasconde una grande forza.

La figura femminile sembra circondata da un’aura simbolica molto forte: tutto sembra significare qualcosa di più grande. Forse che siamo tutti chiusi dentro un ascensore e sta a noi decidere se sia una trappola o una barricata? 

Cristina Aubry: Anna nella sua vita non ha più nulla a cui appoggiarsi: una madre ancora molto ingombrante, una figlia che parte per l’Australia verso la quale nutre un forte complesso di inferiorità, un matrimonio finito e il licenziamento da lavoro. La tentazione di rimanere al sicuro, nel guscio, è forte… ma il suo coraggio è l’arma che le farà fare un ulteriore passo verso la liberazione. Credo che solo la sincerità con se stessi possa aiutarci a ripartire. Anche da zero.

Lo spettacolo Quizas, Quizas, Quizas, fuori servizio, con Cristina Aubry, scritto e diretto da Manfredi Rutelli, con le voci fuori scena di Pierpaolo Palladino, Alessandro Waldergan e Gianni Poliziani, con gli arrangiamenti musicali di Massimiliano Pace, la sonorizzazione di Paolo Scatena, le Luci di Simone Beco e l’allestimento scenico di Lucia Baricci, dopo la prima di Chianciano Terme, sarà a Roma la prossima settimana, al Teatro Tordinona, dal 6 all’8 dicembre, e da qui prenderà il via la sua tourneé per la stagione 2019/20.

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