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La minaccia dell’Isis e la situazione geopolitica siriana

La minaccia dell’Isis e la situazione geopolitica siriana

Gli studenti dei Licei Poliziani lo scorso sabato 24 settembre hanno partecipato a una tavola rotonda dal titolo ‘La minaccia dell’ISIS e la situazione geopolitica siriana’, che ha permesso loro di conoscere più da vicino l’attuale scenario del medio oriente. Alla tavola rotonda hanno preso parte la giornalista Sara Lucaroni, vincitrice del premio “Giornalisti del Mediterraneo 2017” per il suo reportage sulle donne yazide vendute come schiave sessuali per finanziare lo Stato islamico e il mons. Georges Abou-Khazen, vicario apostolico della Siria e vescovo di Aleppo, personaggio chiave per la resistenza siriana alle violenze barbaramente perpetrate dall’ISIS.

Parlare di ISIS, della situazione geopolitica in Siria, Iraq e Kurdistan, oltre che del braccio di ferro tra Usa e Russia in questi territori non è mai semplice, soprattutto se il pubblico a cui ci riferiamo sono giovani, ma gli studenti dei Licei Poliziani hanno mostrando una grande partecipazione ai temi trattati, dando vita a un proficuo scambio di vedute con gli interlocutori.

Sara Lucaroni, attraverso il reportage d’inchiesta ‘Rapite dall’Isis’ pubblicato sull’Espresso , ha portato alla luce un fatto avvilente che sta accadendo a Sinjar, una piccolissima città nell’Iraq nordoccidentale molto vicina al confine siriano e abitata per la maggior parte da persone yazide, fede religiosa diffusa in quella zona molto prima della comparsa dell’Islam. In questa zona le donne yazide vengono rapite dall’Isis e vendute come schiave sessuali per finanziare lo Stato Islamico.

Attraverso un padre coraggioso, un ex-commerciante iracheno che da due anni, con altri 35 collaboratori, svolge un’attività di mediazione per liberare le circa 4mila donne e bambini ancora ostaggi del Califfato, la giornalista è riuscita a entrare in contatto con la comunità yazida e ad accedere a un gruppo su Telegram controllato dall’Isis appositamente per la vendita delle schiave dello Stato Islamico a Raqqa. La vendita delle prigioniere al Califfato avveniva tramite un’asta online.

La jihad di Abu Bakr al Baghdadi ha preso di mira questo popolo perché ritenuto “infedele”, per cui molti bambini vengono addestrati per diventare kamikaze e soldati, mentre le donne, spesso minorenni, vengono violentate, torturate e costrette alla schiavitù sessuale, vendute da combattente all’altro. L’Onu, nel giugno scorso, ha definito questa situazione un ‘genocidio in atto’ nei confronti della minoranza yazida.

Attualmente le donne e i bambini salvati dalla rete attraverso un lavoro di intelligence, che poggia sugli informatori nelle città occupate, sono circa 15mila. La difficile attività di liberazione va avanti con tutte le difficoltà del caso.

Sara ha voluto portare alla luce quanto sta succedendo in questa parte sperduta del mondo perché i problemi delle donne del Medio Oriente, i problemi delle donne yazide sono in realtà i problemi di tutte noi:

“Sono problemi che ci devono riguardare il prima persona e non dobbiamo solo indignarci, ma dobbiamo fare qualcosa. Proprio perché sono donna sono riuscita a essere testarda, ho insistito per tirare fuori qualcosa che fino ad allora si conosceva in maniera aleatoria e contingente” – mi ha spiegato Sara.

Al confine con Sinjar c’è la Siria, dove in questo momento il rischio di un confronto militare diretto tra le forze russe e americane impegnate su fronti opposti nel paese mediorientale è cresciuto pericolosamente. Mons. Georges Abu-Khazen, vicario apostolico della Siria e vescovo di Aleppo, ha raccontato la situazione di un territorio martoriato da anni di guerra, violenza e distruzione.

Aleppo è stata liberata e unificata nel Natale del 2016, dopo bombardamenti alla cieca su vari quartieri della città che hanno seminato morte e terrore tra i civili; sono stati mesi duri e difficili, in cui una città si è spopolata con un esodo incessante. La liberazione della città da parte dell’esercito regolare ha segnato una nuova tappa nella guerra siriana, quella della speranza, con l’incentivo di liberare dai gruppi terroristici il resto del paese. In modo particolare ha allontanato la paura della divisione della Siria, dando forza alla possibilità di creare uno stato moderno dove diversi gruppi etnici e religiosi possano vivere in pace e in armonia.

“Aleppo è stata liberata, ma con la gioia e la speranza abbiamo scoperto le grandi sfide che ci aspettano. – ha dichiarato Mons. Abu-Khazen – Prima su tutte è quella di riconciliare gli spiriti, in modo che tutti gli abitanti siano uniti, non solo per la ricostruzione di un Paese martoriato dalla bombe, ma anche nel perdono. Senza perdono non c’è carità, non c’è cultura, non c’è avvenire. Esiste solo la morte. E come cristiani dobbiamo testimoniare il perdono”.

Sono stati molti i bambini che hanno perso i genitori e i parenti nel conflitto, altrettanti quelli abbandonati. Oltre alla ricostruzione fisica è quindi importante tutelare le generazioni più giovani, per ridare futuro alla nazione siriana.

“Tutte le chiese di Aleppo sono state colpite, alcune distrutte del tutto o in parte; molto danneggiata è la città industriale. Oltre alla distruzione c’è da fare i conti con i danni che hanno subito le case dei civili, la difficoltà quindi sarà anche quella di trovare alloggio per molte famiglie. Ci aspetta una grande sfida e soprattutto è importante far tornare la fiducia della gente attraverso  una convivenza serena e pacifica tra i vari gruppi, perché una grande paura regna tra tutte le minoranze”

Continua mons.Abu-Khazen:

“Molte famiglie sono tornate nella loro terra di origine, ma molti hanno perso la fiducia. Perdonare sarà difficile ma non impossibile, noi lavoreremo perché i giovani e le famiglie possano trovare i mezzi per riprendere una vita normale. Tutto questo sarà possibile attraverso un dialogo con le diverse minoranze perché tutti abbiamo conosciuto la sofferenza e abbiamo scoperto insieme la carità”.

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