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Charlie Hebdo: vittime della libertà di stampa

Charlie Hebdo: vittime della libertà di stampa

Foto La Repubblica.it
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“Ancora nessun attentato in Francia”
È questa la vignetta, raffigurante un terrorista islamico con la barba e il mitra sulle spalle, uscita appena qualche giorno fa su Charlie Hebdo. Una vignetta che, stando ai fatti odierni, ha il sapore di una premonizione, la stessa premonizione che la mattina del 7 gennaio 2015, alle 11:30, si è trasformata in realtà.

Un commando di due uomini con giubbotto antiproiettile e armi da guerra ha attaccato la sede del giornale Charlie Hebdo durante la riunione settimanale di redazione. Dodici i morti, tra i quali il direttore Stephan Charbonnier, detto Charb, tre noti vignettisti e due poliziotti, oltre a numerosi feriti. Stando ai fatti riportati dalle varie agenzie, durante l’attentato il commando avrebbe gridato frasi inneggianti alla vendetta di Allah e alla punizione del Charlie Hebdo.

Il giornale satirico francese aveva già subito un attentato nel 2011, quando la sede venne distrutta a seguito del lancio di diverse bombe Molotov, appena prima dell’uscita del numero dedicato alla vittoria del partito fondamentalista islamico alle elezioni tunisine.

Ma perchè gli islamisti ce l’hanno tanto con Charlie Hebdo?
Charlie Hebdo è un periodico settimanale satirico francese di tradizione libertaria e repubblicana, dallo spirito aspro e irriverente. I suoi bersagli principali sono spesso idee e personaggi del centro-destra, ma non disdegna neanche i partiti di sinistra, siano o meno al governo. Ha un orientamento libertario, di sinistra e fortemente anti-religioso e ha come obiettivo quello di difendere le libertà individuali.

Charlie Hebdo non è solo la testata giornalistica, ma anche il simbolo di un’istituzione del giornalismo irriverente e anticonformista. Le sue vignette graffianti fanno spesso male perché politicamente scorrette, e anche gli articoli incentrati su politica, cultura, estrema destra, cattolicesimo, islam e giudaismo risultano scomodi.

Ecco, queste sono le sue colpe: aver disegnato vignette che non incontrano l’approvazione dei fondamentalisti fanatici, aver espresso opinioni diverse, avere affrontato temi religiosi o politici con molta ironia. E per questo due attentatori hanno massacrato persone inermi, armate di carta e matita, solo perché stavano manifestando il proprio pensiero in libertà.

Da direttrice de La Valdichiana, mi sconcerta pensare quanto sia crudele che persone quali erano quei redazionisti, giornalisti e fumettisti siano rimasti vittime delle loro stesse parole, dei loro pensieri e di quello che dovrebbe essere il diritto di libertà di stampa. Giornalismo significa anche confrontarsi su opinioni diverse, e queste divergenze non dovrebbero portare a stragi, siano esse di matrice religiosa, politica o di altro tipo.

Forse le persone che hanno commesso questa strage vorrebbero che non esistesse questa libertà di espressione, e che tutti fossimo costretti a vivere nell’oscurantismo in una società immobile, dove le professioni di giornalista, scrittore, redazionista e fumettista siano considerate alla stregua di una minaccia, per la loro intrinseca caratteristica di stimolare una società a mantenersi pensante e razionale, in grado di sviluppare idee, pensieri e opinioni propri.

Tutta la redazione si sente vicina alla vittime del massacro, nostri colleghi, e si sente in dovere di ribadire che nessuna minaccia potrà mai ridurre al silenzio l’informazione.

Immagine di Copertina © Alessia Zuccarello (OwletStudio)

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