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Valdichiana Arcobaleno – Una storia anonima di bisessualità e rispetto

Valdichiana Arcobaleno – Una storia anonima di bisessualità e rispetto

Questa dovrebbe essere la seconda storia di Valdichiana Arcobaleno, forse invece è la storia di una violenza. O lo sarebbe, se scegliessi di rivelare il nome della persona che ho intervistato: vuole rimanere anonima perché la sua famiglia non conosce il suo orientamento sessuale, e rivelarlo contro la sua volontà, cioè farle outing, sarebbe una violenza. Non dirò chi è questa persona, ovviamente, ma ci tenevo a partire da qui: la mancanza di libertà, quella che molte persone non-lgbtqia+ della nostra società danno per scontata.

Volevo iniziare da lì, ma adesso torniamo indietro di qualche giorno e seguiamo il me che si sta dirigendo al luogo dell’intervista.

Mi muovo in macchina per le campagne della Valdichiana, la spia della benzina che mi chiedeva rifornimento inizia a lampeggiare, segno che sono praticamente a secco. Pensavo sarei stato in grado di tornare indietro, ma inizio ad avere dei dubbi. Con me ho un telefono vecchio e poco funzionante, perché il mio si è rotto, così devo usare questo che non so se resisterà per tutto il tempo necessario a registrare.

La prima intervista di Valdichiana Arcobaleno l’ho fatta a un mio amico, ma non conosco la persona che sto andando a incontrare questa volta. Non ho mai visto nemmeno il posto dove dobbiamo incontrarci. Non ero nervoso prima di arrivare qui, invece adesso inizio a sentire una tensione sulle spalle tra benzina, telefono e ignoto.

Quando finalmente parcheggio, la sconosciuta esce dalla porta di casa sua e mi viene incontro. Avevo visto qualche foto, quindi la riconosco, ma le immagini non mi avevano preparato allo sguardo insicuro e di diffidenza che questa persona mi rivolge. Perché mi guarda così? Sono venuto ad ascoltare, non a interrogare, le ho già detto che l’intervista rimarrà anonima. Poi realizzo che come io non conosco lei, lei non conosce me. Le ho detto che non farò il suo nome, ma come può esserne sicura? Come può avere la certezza che, anche senza il nome, qualche sua conoscenza non la riconosca dai dettagli dell’intervista?

Saliamo le scale verso il suo appartamento tra discorsi sul tempo e silenzi imbarazzati. Le piace l’estate, scopro, mentre io la detesto. Entriamo, ci sediamo a un tavolo rotondo e inizio a spiegarle quello che succederà durante l’intervista. La diffidenza e l’insicurezza sono ancora lì, comunque iniziamo a parlare e a confrontarci.

Uno scorcio della Valdichiana con i colori modificati secondo la palette della bandiera dell'orgoglio bisessuale: fucsia, viola e blu.

Valdichiana Arcobaleno è un progetto che racconta storie di persone lgbtqia+. La prima domanda che voglio farti quindi è come ti definisci, se ti definisci.

“Quando andavo alle medie, una mattina lungo la strada per andare a scuola incontrai il mio migliore amico e lo salutai così: “Buongiorno! Comunque ti devo dire una cosa: sono bisessuale.” Mi aspettavo chissà quale reazione e invece mi rispose solo “Ok”. Lo dissi anche alla mia migliore amica e nemmeno lei mi considerò più di tanto. Da una parte ero anche delusa, pensavo ci sarebbe stato qualcosa di più (ride, ndr)! Poi in classe lo raccontai anche ad altre persone e mi sembra che solamente una ragazza ebbe una reazione strana. Mi disse “In tutto questo tempo in cui sono venuta a dormire da te o ci siamo cambiate insieme chissà che hai pensato”. Non avevo pensato niente! Però avevamo entrambe 12 anni, non ci sono rimasta male.

Mi fa stare peggio pensare che ora, a dieci anni di distanza, ci sono persone più grandi che pensano la stessa cosa sulle persone bisessuali in generale. Poi bisessuale… a un certo punto ho scoperto che esisteva la pansessualità, ma non l’ho molto capita. L’ho vista usata per indicare che piacciono anche le persone trans, ma per me erano già comprese nella bisessualità1. Maschi, femmine, o anche qualsiasi cosa uno voglia. Non mi sono mai soffermata a dire “mi piacciono i maschi e le femmine” perché se poi mi piace una persona e questa mi dice “non mi vedo né maschio né femmina” non è che smette di piacermi.”

Come è stato crescere a in un piccolo paese di provincia? Ti faccio questa domanda, immancabile in Valdichiana Arcobaleno, perché a me, a Cetona, è sembrato per anni di essere l’unica persona lgbtqia+ della Valdichiana.

“L’impressione che ho avuto è stata identica alla tua, mi chiedevo come era possibile che fossi l’unica. Finché ero alle medie no, ma poi alle superiori eravamo tantissime persone da molti posti diversi. Eppure c’era solo un’altra persona dichiarata, con cui però non ho mai legato. Mi è anche dispiaciuto, perché non c’era nessuno con cui confrontarmi. Poi mi chiedevo anche come fosse possibile che nel mio paese non ci fosse nemmeno una persona più grande a cui chiedere consigli, con cui parlare. Il primo vero amico lgbtqia+ l’ho incontrato in una città universitaria, però qui nella nostra zona la sento tuttora questa cosa. Mi sembra non sia cambiato nulla da quando avevo 13 anni. Comunque non è che posso fare una colpa a qualcuno se non ci sono abbastanza persone lgbtqia+ con cui parlare.”

Non stiamo dicendo che ci devono essere più persone della comunità, ma che ci è mancata una rete di comprensione, mi sembra.

“Pensandoci mi viene in mente che ero tanto amica con una ragazza che ho conosciuto alle superiori, ero l’unica a cui lei avesse detto di essere lesbica. Ora sta qui in Valdichiana con una ragazza e sono contenta di averla vicino, ma anche di avere quest’amicizia che è durata nel tempo: io ho mantenuto il segreto per anni, ma nel frattempo lei è riuscita ad aprirsi anche con altre persone, avendo fatto esperienze fuori di studio e di lavoro. Non considero fidanzarsi un obiettivo, per me proprio per niente. Però lei lo desiderava e ora sta qui, con questa ragazza… sono proprio orgogliosa di lei, avendo visto il suo percorso dall’inizio.

Quando eravamo a scuola lei era innamorata di un’amica, che però non ricambiava. Anche avesse voluto togliersela dalla testa, uscire con qualcun’altra era impossibile, perché non c’erano altre ragazze lesbiche. Non dico nemmeno per il fidanzamento della vita, ma anche solo per qualche uscita. Alla fine questa ragazza con cui ora vive qui l’ha trovata all’estero… ma è del suo stesso paese!”

Uno scorcio della Valdichiana con i colori modificati secondo la palette della bandiera dell'orgoglio bisessuale: fucsia, viola e blu.

D’altronde siamo una minoranza numerica, però mi sembra che qui in Valdichiana manchino proprio attività su questi temi, che poi è il motivo per cui ho voluto fare Valdichiana Arcobaleno. Certo io a quindici anni non sarei mai andato a un evento del genere perché l’avrei vissuto come un coming out pubblico, però magari avrei almeno pensato “non sono solo!”.

“Guarda, mi viene in mente ora di un mio amico che conosco dalla materna. Alle superiori anche a lui ho detto di essere bisessuale e lui non capiva, mi chiedeva come fosse possibile, se mi piacessero più le femmine o i maschi, domande del genere. Lui ha sempre avuto una ragazza, una di quelle coppie storiche, poi qualche anno fa mi ha detto di essere gay. Ho pensato: se ci fosse stato un altro tipo di informazione, quanto prima avrebbe potuto iniziare a essere se stesso? Per me alla fine è stato facile perché da mia mamma non ho mai sentito una parola negativa, come se fosse una cosa normale.

Però penso a chi ha vissuto in famiglie in cui c’è il fratello che guardando un film dice “Guarda questo fr**io”, la mamma che dice “Questa non è natura”… però se oltre alla famiglia e agli amici hai anche questo tipo di associazioni, di persone che portano avanti un altro tipo di sensibilità magari riesci ad accettarti prima.

Tra l’altro questo ragazzo ha detto di essere gay, però è stato tanto tempo con una ragazza. Perché cancellare il fatto di essere forse bisessuale? Per un uomo è molto più difficile: se sei gay vai anche bene, ma se sei bisessuale ti dicono che sei un gay che finge che gli piacciano le donne per non essere discriminato. Come se i maschi bisessuali non esistessero. Questo ragazzo potrebbe davvero aver capito tardi di essere gay, oppure potrebbe essere bisessuale o pansessuale, però se non ci sono delle basi come fai ad arrivarci da solo? Magari dentro di te lo sai ma non hai gli strumenti per tirarlo fuori.”

Tu però non hai avuto difficoltà legate al tuo orientamento.

“Non mi è mai successo niente direttamente. Di cose alle spalle me ne hanno dette, ma io non ho avuto problemi con me stessa. Ho trovato difficile avere a che fare con le donne nonostante sia più attratta da loro che dagli uomini. Con questi ultimi mi hanno abituato a rapportarmi fin da quando sono piccola, come categoria da cui sentirmi attratta e da attrarre. Se ci provi con un ragazzo al massimo ti dice di no, con una ragazza ho paura di risultare invadente e spesso ti rivolgono quella faccia strana come a dire “Che problemi hai?”.

Questa cosa mi ha frenato e continua a farlo, alla fine vai “sul sicuro”, anche se è brutto dirlo: c’è quella ragazza che sai che è lesbica o bisessuale e allora ci provi, invece magari c’è una ragazza che ti piace di più, però non conosci il suo orientamento e allora non ci provi. Questa cosa mi fa arrabbiare molto.

Non mi piace nemmeno il fatto che dobbiamo scambiarci tra di noi, quando nella zona siamo in poche o in pochi a essere dichiarati: finisce che c’è quella persona con cui sono andate tutte le persone lesbiche o bisessuali che conosci. Non è un problema in sé, quello che mi dà fastidio è che non abbiamo la stessa possibilità di conoscere altre persone che hanno gli altri e le altre.

In teoria è giusto non limitarsi per l’orientamento altrui quando vuoi incontrare persone nuove, e io aiutata dall’alcol a volte me ne sono fregata. Però poi mi sono sentita una cretina e invece non mi ci dovrei sentire. O meglio, mi ci dovrei sentire come con un ragazzo: per il rifiuto, non per la sensazione di disagio che si crea. La senti, non è una cosa che puoi spiegare, la senti e basta. I rifiuti li hanno vissuti tutti e continueranno a esserci, però è una cosa proprio diversa.”

Uno scorcio della Valdichiana con i colori modificati secondo la palette della bandiera dell'orgoglio bisessuale: fucsia, viola e blu.

Dicevi che non ti sono mai capitati problemi direttamente ma sono state dette cose alle tue spalle. Ti va di raccontarmi?

“Mi sono arrivate varie voci, in realtà non legate tanto al fatto che mi piacciano anche le donne. Per quello mi è andata bene. Se consideri anche che a ogni coming out il riscontro è stato positivo, io da piccola pensavo che le cose non fossero messe tanto male. Poi però sento altre persone, leggo storie e testimonianze e mi rendo conto che di strada ce n’è ancora tanta da fare.

Però mi è capitato che dicessero di me altre cose. Per esempio ho saputo che uno sconosciuto, in un bar, manco tra amici, ha detto di me ad alta voce “Quella tr*ia…”. Io ho la fortuna di avere un carattere per cui non mi faccio affossare più di tanto, però mi rendo conto che non tutte le persone sono così. Non è che dopo che l’ho saputo mi sono messa in camera a piangere, anche se ne avrei avuto tutti i motivi, ma comunque non fa piacere. Per me la cosa buona è stata circondarmi di persone belle. I miei amici non mi hanno mai giudicata, anche perché cose del genere sono successe anche a loro, quindi è più facile rapportarcisi. Sarebbe bello se tutti fossero più empatici, però certe volte è vero che chi si somiglia si piglia, in amicizia. Aver subito qualcosa ti lega, molto.

Che poi perché uno usa la parola tr*ia? Perché sei andata con tante persone? Perché sei andata con poche e alcune le hai rifiutate? Ci sono tremila motivi. Anche una madre giovane che si lascia e rimane con un figlio piccolo viene chiamata così. Se poi metti nel mezzo relazioni che non siano proprio di coppia figurati. Tempo fa avevo un’amica con cui mi vedevo ogni tanto, quando avevamo voglia, ed era davvero un’amica perché non stavamo insieme. Vai a spiegare le relazioni aperte, il poliamore…”

Mi sembra di sentire in sottofondo un “love is love” (“l’amore è amore”). Che mi dici di questo motto? Mi piacerebbe proprio parlarne in Valdichiana Arcobaleno.

“(Ride, ndr) Lo usavo quando avevo 13 anni, nella mia totale ignoranza. Finché sei un’adolescente sei scusata, ma quando ti documenti non puoi usare questi slogan spiccioli: l’amore è amore, l’importante è amarsi e cose del genere. Innanzitutto io posso essere lesbica, per esempio, e non provare l’amore. Mi vuoi dire che se mi voglio solo fare una sc*pata non sono degna del tuo rispetto? Chi riduce tutto a “L’amore è amore e siamo tutti uguali” mi dà fastidio perché non siamo tutti uguali. Il punto è proprio questo: mi devi rispettare in quanto diversi, non ti devi sentire vicino a me, non puoi rispettare solo chi ti somiglia. Una persona può anche essere il contrario o l’opposto di te e tu devi comunque portarle rispetto.

Per continuare con l’esempio, non è che se sono lesbica devo per forza stare con una ragazza: se rimango single a vita sono lesbica lo stesso. Figurati che io ora sto con un ragazzo e ognuno di noi due è libero di andare con chi vuole, perché l’abbiamo deciso noi: mi è capitato che mi chiedessero spiegazioni e io te lo spiego se vuoi capire, se invece vuoi aprire la conversazione solo per attaccare è inutile.

Anche se non ho accanto una compagna o un compagno convenzionale, con la storia convenzionale tu ti rapporti con me in maniera normale come fai con le persone in generale.”

Uno scorcio della Valdichiana con i colori modificati secondo la palette della bandiera dell'orgoglio bisessuale: fucsia, viola e blu.

Finita l’intervista, io e questa persona ci diamo appuntamento per rivederci, parlare ancora e creare tra noi quella rete che è mancata a entrambe in passato. L’insicurezza e la diffidenza se ne sono andate e anche se la libertà non è ancora qui, ci impegneremo perché arrivi.

Valdichiana Arcobaleno torna a settembre con un’altra intervista. Se tu che stai leggendo sei una persona lgbtqia+ e vuoi raccontarci la tua esperienza, scrivici a: redazione@lavaldichiana.it. Creiamo un mondo in cui tutte le persone possono esistere.

1Nota su bisessualità e pansessualità: la relazione tra i due termini è molto complessa e sfaccettata, ma in buona parte si sovrappongono. È un luogo comune piuttosto diffuso che la bisessualità sia trans-escludente, ma non è vero. Innanzitutto, le donne e gli uomini trans sono di genere femminile e maschile, come le donne e gli uomini cisgender. Inoltre, la bisessualità comprende anche la possibilità di attrazione verso qualsiasi altro genere, e potrebbe indicare anche l’attrazione per tutti i generi.

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