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Intervista a Matteo Giusti: “Omicidio Attanasio, rimbalziamo su un muro di gomma”

Intervista a Matteo Giusti: “Omicidio Attanasio, rimbalziamo su un muro di gomma”

Nel corso della Notte Rossa dell’ARCI; lo scorso 4 dicembre, il Piranha Social Club ha ospitato il nuovo appuntamento del ciclo di “Incontri” culturali a Montepulciano: la presentazione del libro “L’omicidio Attanasio” del giornalista Matteo Giusti. L’incontro, svolto in collaborazione con il collettivo Piranha, la Biblioteca Comunale e Archivio Storico Piero Calamandrei, il Comune di Montepulciano, la Libreria Centofiori, la Residenza Stuart e il nostro magazine, è stata l’occasione per conoscere meglio il recente fatto di cronaca e le ricostruzioni del giornalista aretino.

Era il 22 febbraio 2021, quando in Congo, sulla strada tra Goma, capoluogo del Nord Chivu, e la cittadina di Rutshuru, un piccolo convoglio senza scorta, con le insegne delle Nazioni Unite, viene bloccato e assaltato da un gruppo di persone che sparano con kalashinkov. Viene subito colpito a morte l’autista di una delle due auto, il cittadino congolese Mustapha Milambo , e vengono portati via l’Ambasciatore italiano Luca Attanasio, e il Carabiniere Vittorio Iacovacci, che gli fa da scorta. I due, già feriti, dopo poco perdono la vita.

La tragica vicenda non è ancora stata ricostruita con chiarezza dalle indagini ufficiali, anche a causa della scarsa collaborazione offerta dalle autorità locali e dall’immunità diplomatica dietro la quale si trincera il personale del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (PAM), titolare della missione in cui era impegnato Attanasio e i cui rappresentati erano presenti al momento dell’agguato.

Il giornalista Matteo Giusti, che lavora da anni come africanista per la rivista di geopolitica Limes e che ha visto con i propri occhi il Congo, ha riassunto gli avvenimento nel volume “L’omicidio Attanasio. Morte di un ambasciatore” edito da Castelvecchi, cercando di mantenere alta l’attenzione sulla vicenda.

Quanto ancora c’è da dire su questo caso di cronaca e quanto ancora rimane nascosto?

“Sulla dinamica c’è molto da dire, non è ancora chiaro cos’è successo, le versioni non coincidono. Finché non sarà possibile parlare con i testimoni oculari, primo tra tutti Rocco Leone, l’altro italiano che faceva parte del convoglio, Vicedirettore del World Food Programme nella Repubblica Democratica del Congo, non sapremo cos’è successo veramente. Finché non avremo tutte le testimonianze, non sarà possibile ricostruire il caso. Io credo che le Nazioni Unite non faranno mai parlare queste persone, ho litigato più volte con l’ufficio stampa. Credo che tutte le tessere del mosaico non le avremo mai, perché l’opinione pubblica, tranne sporadici casi, non è più interessata. Come se non fosse accaduto a italiani, come se fosse accaduto dieci anni fa.”

Invece stiamo parlando di febbraio 2021: tre morti tra cui due servitori dello Stato italiano… questo libro può servire a mantenere alta l’attenzione, ma che altro possiamo fare?

“Io ho fatto di tutto, ne ho parlato in tutte le occasioni che ho avuto. Credo che le prossime mosse spettino alla famiglia, che vorrà scoprire la verità, per costringere il Governo italiano a chiedere alla Commissione Europea di intervenire. Dov’è la politica estera europea, perché non si sta muovendo? Fosse accaduto all’ambasciatore della Francia o degli Stati Uniti, non credo che sarebbe finita in una bolla di sapone, si sarebbero fatti sentire in maniera diversa. Un secolo fa sarebbe scoppiata una guerra per una cosa del genere.”

In questo caso non sembra esserci soltanto un problema di rapporti politici tra Italia e Congo, ma tra l’Italia e l’Europa, o comunque tra l’Europa e l’Africa. Qual è secondo te il ruolo dell’Europa in questa vicenda?

“Non c’è. Non c’è il ruolo dell’Europa, è completamente assente. L’Italia non vuole pestare i piedi alle Nazioni Unite, perché ha un governo nuovo e debole, molto ampio, che deve andare d’accordo con tutti. Il Governo Draghi non è il governo giusto per attaccare le Nazioni Unite o l’Unione Africana. Ha bisogno di gestire la situazione post-covid, i soldi, il parlamento riottoso e traballante, non ha interesse politico a occuparsi di questa situazione. Quindi credo che alla famiglia continuino a raccontare mezze favole. Prima di Natale dovremo andare a Roma dal Ministro degli Esteri, Luigi di Maio, insieme alla famiglia e alcuni giornalisti: non possiamo fare domande, neppure concordate, dobbiamo soltanto ascoltare. Protocollo di comportamento e di abbigliamento, non sono permesse domande. Quando è venuto il Presidente della Repubblica Democratica del Congo in Italia, si è incontrato con Mattarella, ma non ha fatto conferenze stampa, non ha permesso ai giornalisti di avvicinarlo, non ha rilasciato neppure un comunicato. Il famoso muro di gomma su cui rimbalzeremo per sempre.”

Europa e Africa: la pandemia può giocare un ruolo cruciale nelle dinamiche post-coloniali, tenendo conto dell’interesse di altri Paesi come la Cina. Che dinamiche stai vedendo da giornalista e africanista?

“Europee zero. C’è stata una politica pandemia estera, fatta dalla Cina, che ha regalato dosi di vaccino, siringhe, materiale sanitario. Il neocolonialismo è più subdolo del vecchio colonialismo, fa credere di essere più buono. Porta i vaccini, salva le vite, e poi porta via tutto. Diventano i proprietari del Paese in cambio di un po’ di vaccini e di soldi prestati a strozzo, sanno benissimo che non potranno essere restituiti. Il neocolonialismo più cattivo del vecchio, che era comunque terribile. I paesi africani ci stanno cascando in pieno, perché i nuovi colonialisti dicono: noi non abbiamo passato colonialista, mica vorrete dar retta alla Francia, al Belgio o all’Italia? Una bugia, anche la Cina è colonialista, non l’ha fatto in Africa ma in Asia. La Russia uguale, la Turchia lo stesso. Si spacciano per paesi anticolonialisti quando in realtà lo sono. Dieci e lode alla loro comunicazione, che ci ha fregati alla grande.”

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