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Confindustria – sindacati, firmato l’accordo sui nuovi modelli contrattuali

Confindustria – sindacati, firmato l’accordo sui nuovi modelli contrattuali

Meglio tardi che mai verrebbe da dire. Dopo lunghe trattative e tutta una serie di stop and go, Confindustria assieme a Cgil, Cisl e Uil hanno redatto, nella notte del 28 febbraio, il documento nel quale sono indicate le linee guida per le future relazioni industriali. Un accordo atteso da tutti i soggetti coinvolti e che forse avrebbe dovuto vedere la luce molto tempo prima. Sicuramente avrebbe indirizzato i temi della campagna elettorale su tutt’altro binario.

Ai contenuti presenti nelle 16 pagine del documento, fanno da cornice due premesse ribadite da tutti e quattro i sindacati: il primo punto riguarda la crescita economica del paese, una crescita da perseguire consolidare attraverso un sistema produttivo produttivo competitivo, nel quale l’occupazione sia sempre più qualificata e i lavoratori siano messi nelle condizioni di rendersi occupabili all’interno del mercato del lavoro. Una crescita dunque inclusiva, capace di superare i dualismi economici e territoriali. Un risultato che, come ribadiscono Confindustria e i sindacati, può essere perseguito solo attraverso un lavoro congiunto.

Seconda premessa, l’autonomia delle organizzazioni di rappresentanza. Contro ogni possibile ingerenza della politica, che potrebbe decidere di legiferare su materie che sono di competenza di delle parti sociali. Una precondizione scandita con forza da chi ha sottoscritto il documento, considerando determinate proposte avanzate da alcune forze politiche, come il reddito di cittadinanza o il salario minimo. Se questo è il quadro d’insieme, andiamo ad analizzare i contenuti nello specifico.

Sul versante della contrattazione, l’accordo conferma i due livelli, nazionale e territoriale/aziendale. Viene inoltre identificato un nuovo meccanismo per calciare gli aumenti salariali. Nei contratti si dovrà individuare il Tec (trattamento economico complessivo) e il Tem (trattamento economico minimo). Il primo comprende sia il Tem, tutti i trattamenti economici comuni ai lavoratori di tutti i settori, le forme di welfare e le quote di produttività erogate al livello nazionale.

Il Tem costituisce il minimo tabellare, che sarà rivalutato in base ai cambiamenti  dell’Ipca (Indice prezzi al consumo armonizzato per i paesi dell’Unione europea). Il valore economico del contratto sarà costituito dalla somma del Tem e degli altri eleggenti retributivi presenti. La ratio è quella di superare la difesa del potere di acquisto dei lavoratori, per andare verso il potere di spesa degli stessi.

Tutto questo sotto l’egida di una governance flessibile. In altre parole, come specificato nel documento, sì a regole condivise, ma sempre nel rispetto delle peculiarità dei diversi settori, azienda e territori.

Altro tema caldo è il welfare contrattuale. Un istituto che è divenuto sempre più di moda all’interno della contrattazione, al quale l’accordo conferisce un ruolo e regole precisi. Per prima cosa si ribadisce il carattere integrativo e non sostitutivo del welfare contrattuale rispetto a quello pubblico universale. Attenzione inoltre ai contenuti. Se ultimamente avevamo assistito a uno sfilacciamento del welfare contrattuale tra buoni benzina, wellness e altro, ora il focus ritorna sui bisogni fondamentali dei lavoratori, come sanità e pensioni integrative.

Ulteriore punto quello della formazione, indispensabile per affrontare al meglio i cambiamenti di Industry 4.0. Sarà dunque centrale il ruolo di Fondimpresa, l’associazione bilaterale Confindustria-sindacati, che dovrà avviare un grande piano formativo per accrescere e migliorare le competenze della forza lavoro. Si prevedono inoltre nuove forme di partecipazione dei lavoratori, molto più incisive rispetto al passato, sia sui temi di natura organizzativa sia sugli indirizzi strategici delle aziende.

Infine la pesatura della rappresentanza delle parti sociali. Cgil, Cisl e Uil già da tempo avevano accettato questa sfida, che ora viene raccolta anche da Confindustria. La speranza è quella arginare qui sindacati per nulla rappresentativi responsabili del dumping contrattuale. In altre parole evitare la proliferazione di contratti pirata dove prevale una logica al ribasso di tutti gli istituti della contrattazione. Il compito di vigilare sarà affidato al Cnel.

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