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Le Rane – Prima Parte

Le Rane – Prima Parte

Le Rane – Prima Parte
ovvero una riflessione qualunque sul territorio e relativi musicisti.

“Che fine hai fatto
ti sei sistemato
che prezzo hai pagato
che effetto ti fa
vivi ancora in provincia
ci pensi ogni tanto alle rane?”

Baustelle – Rane

Visto che si scrive per La Valdichiana, di recente ho avuto a che fare – personalmente e musicalmente – con i Baustelle, questi sconosciuti dalle parti di Montepulciano e di Siena, direi. A parte il loro ultimo album, l’ottimo “Fantasma”, c’è un fortissimo richiamo e riferimento alle proprie terre d’origine nel precedente “I Mistici dell’Occidente”, album che ho abbondantemente apprezzato, vuoi proprio per i riferimenti alle proprie radici, vuoi per riferimenti a luoghi conosciuti dalla sottoscritta.

In una tracklist che presenta un brano intitolato “Follonica” – cittadina toscana a me nota per le mie estati trascorse non troppo lontano da lì – e “Le Rane”, con quel senso di nostalgia verso la provincia, le campagne e il gracidare delle rane, suono chiaramente non udibile se si vive in piena città, mi chiedo quale sia la necessità di richiamare le proprie radici nella musica. [Anche se, questo discorso è perfettamente applicabile anche ad uno scrittore].

È inevitabile: il luogo da dove veniamo dice molto – o comunque buona parte – di noi. A volte, l’accento che assorbiamo e che influenza la nostra parlata, dice molto, senza che si diano molte altre informazioni. Quelli che “non sono di Milano”, quelli che palesemente “non sono di Siena”, nelle rispettive località, si sentono subito. E subito la fantasia vola verso le terre di queste persone. C’è una tensione verso posti mai visti, per esempio, c’è una curiosità e un desiderio di muoversi per scoprire qualcosa di nuovo. Questo qualcosa è raccontato dai libri, ma il territorio viene secondo me meravigliosamente raccontato in musica, in maniera sincretica, tramite le melodie e le parole che stimolano l’immaginazione di chi ascolta. La musica è un invito al viaggio, dopotutto.

Ma c’è anche quell’effetto che ho avuto ascoltando proprio “I Mistici dell’Occidente”: quel senso di complicità che ho avvertito nel sentire citati luoghi a me noti. Non potrò mai dire di conoscere Follonica come uno che ci abita o come un assiduo frequentatore, eppure, la sensazione di piacevolezza nel richiamare ricordi di passeggiate a Follonica, della Torre Azzurra che si vede perfettamente dal Golfo di Punta Ala, quando si è in barca a navigare in compagnia, l’amore in spiaggia… Mi fanno sentire in perfetto contatto e sintonia con l’autore. So cosa sente, per qualche attimo, che ha la durata di una manciata di minuti; so anche che cosa voglia dire essere lontani da casa – in quanto Francesco Bianconi, fondatore dei Baustelle, è dieci anni che non abita più a Montepulciano, a differenza degli altri membri che sono rimasti lì – e rievocarla può avere molteplici significati. Significati che forse io, da milanese frequentatrice sporadica della Toscana, non posso capire, ma soltanto intuire. Afferrare per qualche attimo, ma non tenere nel cuore, sentendoli totalmente miei. Non sarebbe giusto. Il territorio, lì dove si affondano le proprie radici, può essere descritto solo da chi ci è nato – e desidero solo ringraziare chi è riuscito a portare in musica stralci d’Italia e stralci del sé più intimo, quello che di solito pochi hanno davvero il coraggio di mettere in musica.

La Toscana e Montepulciano rifulgono e risplendono nelle parole dei Baustelle, non come se fossero incastonate in una cartolina che si trova in un negozio di souvenir qualunque, ma vengono splendidamente incorniciati dalla luce dei ricordi di un individuo preciso. E questi stralci di radici e terra sono dati in dono all’ascoltatore, affinché si senta avventuriero, viaggiatore o semplice complice, per qualche fugace istante.

“Chiudiamo gli ombrelloni
che vuoi che sia
che vuoi che sia
facciamo un po’ di sesso
facciamolo lo stesso
verifichiamo di esser vivi
sulla spiaggia di Follonica”

Baustelle – Follonica

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