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Per favore, non chiamatelo Carosello

Per favore, non chiamatelo Carosello

Di grazia, non chiamatelo nemmeno “Carosello Reloaded”. Quello che è andato in onda ieri sera è stata una delle – tante – fallimentari operazioni per rilanciare la tanto amata e altrettanto vituperata Tv di Stato. E come ottenere un risultato simile, se non cercando di far colpo sul senso di nostalgia, del tanto osannato ‘si stava meglio quando si stava peggio’ degli italiani? Ma sì, ritiriamo fuori Carosello, così i (ben) più grandi (di me) inizieranno a dire “Io andavo a letto dopo Carosello”, “Torna Calimero, ‘Ava come lava’! E ci sarà anche Jo Condor?”. Intendiamoci, queste reazioni in teoria erano quelle che ci si sarebbe aspettati, com’è giusto che fosse. E riproporre Carosello sarebbe stata una trovata carina e piacevole, se l’avessero fatta con l’intento giusto. Io, per chiari motivi di età, il leggendario programma l’ho conosciuto a posteriori, quando tutte le puntate erano state raccolte in DVD. E a parte Calimero e Jo Condor, a dire il vero mi aveva fatto pure un po’ impressione, sarà che io la televisione l’ho vista direttamente a colori e ho conosciuto altri stili e modi di fare pubblicità. Senso di inquietudine a parte, capivo anche che ai tempi potesse piacere moltissimo a grandi e piccini; pertanto, incuriosita dalla martellante pubblicità, ieri sera, dopo il telegiornale, mi sono messa a guardare “Carosello” – scusatemi, non ce la faccio a togliere le virgolette – con un posticcio e alquanto antipatico “Reloaded” – perché buttare qua e là una parola in inglese, anche a sproposito, è sempre all’ultimo grido, dice il Grande Libro del Marketing.

Bene, mi sono vista cinque minuti e mezzo – circa – di assoluta e normalissima pubblicità. Qualche istante di pubblicità retrò, con Jo Condor, ma giusto prima della sfilza di réclame modernissime e patinatissime, di quelle che si vedono negli interminabili e ammorbanti stacchi pubblicitari, sempre più diffusi e sempre più lunghi, specie tra il telegiornale e il programma “Affari Tuoi”, tanto per fare un esempio. Ecco, quei cinque minuti mi sono sembrati la solita tediante trafila di spot pubblicitari. Immagini viste e riviste della Nutella, del supermercato Conad e di qualche altro prodotto che ora come ora mi sfugge. Il tutto, arricchito dalla sigla presa dal vecchio Carosello – per attirare l’attenzione di chi conosce bene quel motivetto, sempre secondo il Grande Libro del Marketing – e qualche scenetta ricorrente, che va sempre a stuzzicare la memoria dei più grandi e nostalgici. Ma io vorrei chiedere a questi più grandi, che Carosello l’hanno visto per davvero, come ci sono rimasti a vedere una fregatura simile? Io ci sono rimasta malissimo.

Sarà anche che io, personalmente, della pubblicità non ne posso più. Sta diventando troppa e invadente. Interrompe il ritmo di fruizione di un programma televisivo, al punto tale che quasi non mi ricordo più che cosa stessi guardando prima e finisco per cambiare canale. O spegnere del tutto la televisione. Quindi, per rendere la tonnellata di pubblicità più simpatica a persone come me, era così necessario mascherarla e truccarla con vaghi riferimenti al passato, quello sì glorioso, della Rai? Non credo proprio. Le “operazioni nostalgia”, per quello che mi riguarda, sono culturalmente pericolose – perché si rischia di non progredire e ammazza la creatività e incentiva alla ripetitività – e sempre destinate a un fallimento, perché non saranno mai paragonabili ai prodotti originali.

In tutto questo, però, continuo a scuotere la testa dubbiosa e a dire: “Non chiamatelo Carosello”. Chiamatelo semplicemente “Stacco Pubblicitario con Abbellimento” – perché si sa che della pubblicità non se ne può più. Che tristezza.

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