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“Montepulciano vs Cyberbullismo”: la fase conclusiva e le prime consapevolezze

“Montepulciano vs Cyberbullismo”: la fase conclusiva e le prime consapevolezze

A più di un anno dall’avvio del progetto “Le idee si possono discutere, le persone si devono rispettare. Montepulciano vs Cyberbullismo”, l’iniziativa promossa sul territorio per sensibilizzare e promuovere conoscenza sui fenomeni attuali e in crescita del cyberbullismo, hate speech, revenge porn e body shaming, è ora di tracciare un bilancio conclusivo, ma prima, ricapitoliamo le fasi e i momenti del progetto.

A inizio dell’anno 2024 a Montepulciano si è dato vita al progetto che ha visto come protagonista in primis l’Amministrazione Comunale, che dopo avere coinvolto varie entità tra cui gli Istituti Scolastici Licei Poliziani e ISS Valdichiana, l’Unione Polisportiva Poliziana ASD ha selezionato, mediante avviso pubblico, un Ente del Terzo Settore operante sul territorio, individuato in Canvas Hub-APS, che potesse dare vita e sviluppare al meglio il progetto. L’attività si è poi inserita nell’ambito di Giovanisì, il progetto della Regione Toscana per l’autonomia dei giovani.

Come redazione, abbiamo provato a creare uno spazio in cui poter raccontare questo progetto, prima tramite le voci dei tre professionisti che hanno lavorato in prima persona a tutte le fasi dello stesso, Roby Parissi, Malika Bamaarouf e Sara Molinari, poi analizzando i dati del primo questionario e poi parlando direttamente con chi era oggetto e soggetto di questo progetto: i ragazzi e le ragazze che frequentano i due istituti.

Tre momenti importanti, che hanno portato a una prima grande consapevolezza: questi fenomeni sono radicati all’interno della società e progetti come quello di cui stiamo parlando non possono cambiare il presente da un giorno all’altro, ma possono aiutare le nuove generazioni a farlo.

Consapevolezza di cui abbiamo trovato un riscontro diretto nei risultati del questionario di follow-up. 

Il questionario di follow – up

Una fase conclusiva, di revisione, che ha coinvolto circa 70 studenti dell’I.I.S. Della Valdichiana – sede ITC Francesco Redi e IP Giovanni Caselli e che vuole restituire un quadro complessivo del progetto, ma che non esaurisce la ricchezza e la profondità degli spunti che potrebbero offrire gli studenti e le studentesse.

Da ricordare il numero di partecipanti 70, “non rappresentativo delle tante voci che attraversano un’intera fascia giovanile”, come ricorda Roby Parissi, ma di fondamentale importanza per iniziare un percorso di ascolto. Interpretare le percezioni giovanili in modo diretto, senza filtri, senza deviazione, ricordandoci che chi vive questi fenomeni sin da quando è nato, come se fosse la quotidianità, necessita di uno spazio libero e privo di giudizi per esprimere la propria opinione, anche negativa.

Immergendosi quindi nei risultati ottenuti tramite il questionario di follow-up proviamo anche noi a trarre una conclusione, che si spera possa rappresentare solo un primo passo di un lungo percorso. 

Cyberbullismo: la consapevolezza è in crescita, ma ci sono ancora delle ombre

I dati emersi dal questionario evidenziano, rispetto al questionario precedente, un miglioramento generale della comprensione dei fenomeni affrontati durante il percorso formativo. La tematica del body shaming , in particolare, è quella che tra le dimensioni di ricerca ha subito un incremento maggiore. Un risultato attribuibile anche alla centralità che il corpo e l’immagine personale assumono nell’identità adolescenziale: il 98% degli studenti è in grado di identificare comportamenti offensivi legati al body shaming.

Più frammentaria, invece, la percezione del cyberbullismo. Ben il 15,4% degli intervistati non ha riconosciuto nessuno dei comportamenti elencati come forme di cyberbullismo, segnale di una difficoltà ancora diffusa nel prendere prospettiva, e quindi consapevolezza sul mondo digitale e sui social media, terreni d’interazione nativi della Gen Z, spesso normalizzati fin dalla nascita.

La paura del revenge porn e l’influenza del “genere”

Particolarmente interessanti anche le risposte alla domanda sulla paura di vedere contenuti privati condivisi online. I dati mostrano una netta polarizzazione tra chi teme fortemente questa eventualità e chi la considera irrilevante: una differenza che, sebbene il questionario non raccolga dati di genere, potrebbe riflettere sensibilità divergenti tra ragazze e ragazzi. Le prime potrebbero apparire più esposte e consapevoli del rischio, mentre i secondi tendono a minimizzarlo, talvolta per timore, talvolta per atteggiamento difensivo.

Il punto di vista degli studenti e delle studentesse

Di grande importanza, oltre i numeri, che riescono comunque sia ad offrire un’immagine vivida della situazione, le parole e le frasi scritte dai ragazzi e dalle ragazze che hanno partecipato al questionario. In una sezione finale gli è infatti stata offerta la possibilità di scrivere un proprio pensiero, una propria soluzione, su come contrastare la violenza online. Le risposte parlano chiaro: serve più dialogo, più empatia, più responsabilità condivisa.

«Sicuramente se succedono cose così, mai restare in silenzio, trovare il coraggio di parlarne e di denunciare pure se è difficile», scrive uno studente. E un altro aggiunge: «Non fidarsi mai di chi hai attorno e tenere sempre gli occhi ben aperti (soprattutto non aver paura di confessare/parlare)».

Il bisogno di essere ascoltati torna in molti passaggi, come nell’invito: «Parlarne con chi si ha più confidenza» o nel richiamo al ruolo degli adulti: «Consiglio ai professori di stare più attenti», oppure «le forze dell’ordine devono intervenire e non lasciare correre».

Altri suggerimenti riflettono la voglia di agire: «Secondo me, dal momento in cui subiamo o vediamo qualcuno che compie azioni non consone su un’altra persona, sarebbe necessario intervenire e non rimanere indifferenti». E ancora: «Far conoscere a più persone possibili gli effetti del bullismo», «farsi forza e non avere paura dei giudizi altrui».

Le testimonianze raccolte danno voce a un desiderio di cambiamento culturale, ciò che è stato quotidiano fino ad ora può e deve smettere di esserlo: «Insegnare educazione sessuale e affettiva a scuola». 

Da aggiungere a queste una citazione ripresa dall’intervista fatta a gennaio 2025 a due ragazzi che hanno commentato il questionario: «La nostra generazione ha dei problemi, non posso negarlo, ma credo che, a differenza di quella dei nostri genitori, ci sia una voglia di risolverli che non va sottovalutata. Se ora il cyberbullismo è un problema sistemico e culturale è impossibile pensare che sia frutto solo della nostra generazione, è il risultato di un processo iniziato prima»

Un progetto che lascia il segno

Se è vero che il campione analizzato non è rappresentativo dell’intera popolazione scolastica, è altrettanto vero che le prospettive raccolte rappresentano una fotografia autentica del presente. Da chi prova rabbia a chi frustrazione, da chi si colloca propositivo verso il futuro fino a chi prova a offrire soluzioni, tutti, a loro modo, hanno sottolineato l’esigenza di portare avanti iniziative come questa di cui stiamo parlando. “Montepulciano vs Cyberbullismo” si deve quindi chiudere con una consapevolezza chiara: non si può pensare di scardinare alcuni aspetti culturali stando in una posizione elitaria, c’è bisogno di progetti, di iniziative che raccolgano le voci dal basso e che le amplifichino, mirando non alla prevenzione ma alla destrutturazione culturale del problema.

Le nuove generazioni non hanno bisogno di essere guidate o rassicurate, ma di essere ascoltate e messe nelle condizioni di agire ed esprimersi in prima persona, per realizzare il cambiamento che sentono urgente. Un cambiamento che non può restare nelle mani della stessa generazione che ha contribuito a creare un contesto socio-culturale così fertile allo sviluppo di queste problematiche.

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