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Tommaso Cerno racconta in terzine l’Italietta del Potere

Tommaso Cerno racconta in terzine l’Italietta del Potere

Intervista a Tommaso Cerno, giornalista e scrittore, autore del libro “Inferno. La Commedia del Potere”

90Tommaso Cerno, scrittore e giornalista di punta dell’Espresso, ha presentato il suo libro “Inferno. La Commedia del Potere”, edito da Rizzoli, venerdì 18 luglio, a Monte San Savino, nell’ambito del premio di teatro popolare Il Giogo. La presentazione del libro e stata preceduta dal saluto del sindaco di Monte San Savino, Margherita Scarpellini e curata dal giornalista Claudio Zeni; un appuntamento questo a cui La Valdichiana, ovviamente, non poteva mancare.

Nell’”Inferno. La Commedia del Potere”, Tommaso Cerno, come un moderno Dante, racconta in terzine un inferno popolato da politici e personaggi che stanno facendo la storia del nostro Paese. Così come Dante, nell’ Inferno della Divina Commedia, aveva Virgilio per guida, Cerno ha Giulio Andreotti che lo accompagna nei gironi e nelle bolge infernali di questo moderno Inferno che sprofonda sotto Montecitorio “tra le pene di chi dall’Italia ottenne fama e potere, ma restituì solo guai, debiti e miseria”.

Con un linguaggio antico, che poi tanto antico non è, unito alla modernità dei fatti, Cerno da vita a quello che è il racconto di un’Italia fatta di inchieste, interessi personali, fame di potere e debiti. Una geniale e moderna rilettura della “legge del contrappasso” che, oltre a dimostrare la bravura dell’autore nel destreggiarsi con terzine, fa trapelare una grande efficacia descrittiva dei personaggi e del periodo storico.

Come nasce questo libro?

“Il libro nasce dal senso di esilio interiore che la politica sta dando al nostro Paese, quel Paese che ha votato la classe dirigente ma che improvvisamente si sente alieno e con un grido di dolore chiede di ridarci la nostra patria, coniugata alle cose più materiali come il lavoro e il futuro ai nostri giovani, a cose più generali come l’adesione a qualcosa in cui crediamo.
Tutto questo è dantesco! E’ lo stesso grido di dolore di quando Dante cominciò a scrivere la sua opera a casa di amici, lontano dalla sua patria e con una forte appartenenza ad un Paese da cui era stato esiliato. L’aderenza del mio Inferno con i personaggi del passato è naturale, nell’inferno dantesco i peccati del mio infermo sembrerebbero microscopici, i tanti peccatori in Italia hanno bisogno di un Infernetto, cioè un posto più simile all’Italietta che hanno potuto governare e che rappresentano. Un luogo dove non c’è il demonio, ma ci sono le piccolezze del quotidiano che vanno dal disinteressamento del proprio Paese, al rubare, mettere in miseria un Paese, alla cura dei proprio interessi. Ecco io ho pensato che per loro sarebbe stato troppo metterli in un Inferno sotto Gerusalemme, dove era solito si trovano i Papi, non potevo di certo mettere Scajola con i Papi, e quindi per questo motivo ho fatto un Infernetto sotto Montecitorio dove ho provato a collocare tutti dai politici ai protagonisti dell’attuale scena pubblica, secondo l’ordine dantesco e tenendo conto delle otto divisioni, così è stato naturale collocare tutti nella loro italianità. L’Infernetto non è altro che lo specchio dell’Italietta, il posto perfetto, per esempio, dove collocare Gasparri, non lo potrei mettere all’inferno, sarebbe troppo per lui, lo caccerebbero via subito!”

Dante come sua guida aveva Virgilio, perché tu hai scelto Giulio Andreotti?

“Ho scelto Giulio Andreotti per la solita ragione per cui ho pensato ad un Infernetto sotto Montecitorio. Virgilio non sarebbe mai sceso nell’Infetto, è un “savio, gentil che tutto seppe”, ecco chi è che può essere simile a lui nella seconda Repubblica? E mi è venuto in mente Giulio Andreotti, perché Andreotti è sDSC01499avio, è gentile e addirittura troppo sa, nessuno sa quanto lui. Gli abbiamo sempre attribuito il fatto che lui avesse sempre saputo tutto, il suo disvelamento della realtà era talmente enigmatico che tu non capivi se sapeva o no, ma dava sempre l’impressione di sapere. E così accompagnato da un Andreotti, con il corpo da fiera, scendo in questo Infernetto, lui mi permette di conoscere e interrogare tutti i peccatori perché ha la forza e una riconoscenza tale che nessuno si può sottrarre dal rispondere alle sue domande. Di Giulio Andreotti non si può parlare né di morte né di vita, perché nella morte non fa altro che prolungare il suo mito della vita. Il suo personaggio continuerà a vivere nella nostra mente esattamente come se fosse in vita”.

Nell’incipit del tuo libro definisci Claudio Scajola la “sacralizzazione dell’idiozia”, perchè?

“Quando si parlava dell’ appartamento di Scajola al Colosseo, lui era l’unico che non sapeva nulla. Questa sua insaputa pensavo fosse una caduta e che attraverso questa sua negligenza veniva ridicolizzato. Ma poi ho capito che c’era una tragedia profonda, perché di tutte le cose che ha fatto a sua insaputa, come la casa, gli amici, Matacena, l’unica cosa che tutti avremmo voluto che fosse di sua insaputa era la mancata scorta a Biagi, ma questo invece lo sapeva. Cioè la vera cosa che avrebbe giustificato una vita vissuta a “sua insaputa” lo sapeva ed ha lasciato morire una perosna. Questo lo sapeva! E quindi, nel mio Inferno, il personaggio ridicolo diventa tragico e la mancanza di responsabilità dello sfotto del potere, che Scajola interpreta in maniera feroce, colpisce e ferisce nella miseria. Io nel mio Inferno lo metto insieme a Fiorito, che in qualche modo difendo, perché nello scaldalo del denaro pubblico a scopo privato, è stato paragonato a chi ha avuto veramente il potere e la possibilità di cambiare le cose e invece ha pensato solo ai suoi interessi, ovviamente sempre giustificato dal fatto di non sapere niente”.

Le terzine che hai usato le hai definite il Twitter del 1300, non è un paragone un pò troppo ardito?

No! Mi hanno chiesto, perché hai scritto in una forma così antica? Non è una forma antica, anche perché adesso tutti dicono di scrivere in 140 caratteri, mentre una terzina dantesca non è più lunga di 90 caratteri. Detto ciò posso dire che il più grande inventore di twitter, della forma più sintetica di comunicazione, e di quella che oggi è la forma più moderna di raccontare le cose è Dante. In questo suo modo di comunicare Dante lascia profezia, filosofia che ancora oggi noi vediamo ancora viva. In questo mio libro, che orami è uscito da mesi, ci sono scritte cose che sono avvenute dopo la sua uscita, questo perché in Italia e nella storia è già successo tutto e nel momento in cui avviene e si materializza fa dire agli italiani: “Beh, ma certo che era così!”.

Il tuo libro è stato definito un “Affresco delle realtà”, ma da quanto appena detto forse è meglio definirlo un “profezia per il futuro”?

Il mio libro è profetico ma nessuno l’ha capito! Ho chiesto alla Rizzoli che rimanga in libreria settecento anni, si sono messi a ridere. Affresco è una parola che non significa niente, perché in un affresco dipende cosa ci disegni sopra. Io lo definirei più un catalogo, una mappa della politica italiana, perché puoi prendere chiunque e metterlo dentro anche se non è raccontato. Questo schema in qualche maniera rappresenta la sintesi emotiva di vent’anni di rapporto tra italiano elettore e italiano eletto. Quindi più che un affresco è un labirinto e da dove non siamo ancora usciti, dentro incontri tutti, non è statico ma è mobile, forse hanno detto che è un affresco quelli che non ci stanno dentro”.

Oltre a quelli inseriti, quali altri personaggi vorresti mettere nel tuo Inferno e quali invece passare al Purtagorio?

“In questo libro ci sono in qualche modo tutti i personaggi, perché anche quelli che non sono inseriti direttamente sono collocabili nell’immaginario di una distribuzione di peccati dell’Italia che conosciamo e che è abbastanza simile. Il Purgatorio si apre nel momento in cui la speranza di vittoria, nel caso civile e cioè salita alla Santità, ti nella condizione in cui tu fai qualcosa ed hai una catarsi. Io non credo se siamo ancora in quel momento, perché Napolitano aveva detto che Monti era questa catarsi, ma questa catarsi ancora non la vedo, quindi colloco ancora tutti in questi gironi. Qui c’è già Grillo, Renzi, credo che l’Italia che Purga sia un’Italia che ha da venire e che sia figlia di generazioni che probabilmente ancora non votano. Ci sarà un alleggerimento dei gironi ma siamo ancora nell’Inferno”.

Spostiamoci dalla politica al giornalismo, cosa ne pensi del giornalismo italiano?

“Il giornalismo esiste dentro ad alcune persone che hanno la curiosità di raccontare quello che gli altri non sanno. Poi esiste la sovra informazione, cioè la corsa a cercare una frase sopra a cui costruire un tormentone di giornata che alimenta giornali, televisione, agenzie e siti. E’ in un momento di crisi enorme sia per ragioni editoriali, in quanto sta cambiando e non sappiamo come, il web ruba informazione che è costata cara, lavoro, danaro, a giornalisti, aziende editoriali e la rivende come fosse gratuita e quindi fino a che non si risolverà questa situazione vivremo una crisi sostanziale della professione. Ma la crisi è anche intellettuale, cioè oggi è difficile, per un giornalista, scrivere una cosa che gli altri non scrivono, dire una cosa che gli altri non dicono, ma ci sono e sono coloro che tengono accesa la fiamma di questa professione. Inoltre il giornalismo è scrittura, deve rimanere la scrittura e deve leggere, tutto questo tiene in piedi quello che è il giornalismo”.

Oltre alle geniali terzine di Cerno, la moderna Commedia è illustrata attraverso le tavole di Makkox, alias Marco Dambrosio, collaboratore di Internazionale e del Post, che con il suo tratto ha dato vita ai personaggi degli otto gironi “cernesci”, da Andreotti con il corpo da giaguaro, a Schettino che grazie a delle scarpe alate riesce a raggiungere la terra ferma mentre la sua nave sta affondando e a Ruby che si vendeva per nipote di Mubarak.

Stilizzazioni perfette di un’Italietta sempre più imperfetta!

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