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Le erbe spontanee: intervista a Caterina Cardia

Le erbe spontanee: intervista a Caterina Cardia

Sapevate che le erbe spontanee possono essere mangiate? Anche nelle nostre campagne siamo spesso portati a considerare commestibili soltanto gli alimenti che troviamo nei supermercati oppure negli orti, e le nuove generazioni rischiano di dimenticare che la natura ci mette a disposizione tante tipologie di piante selvatiche che possono essere utilizzate in molti modi. Le erbe spontanee possono essere utilizzate per preparare pietanze o bevande, ma anche come rimedi officinali per lenire dolori e malattie.

Riconoscere le erbe spontanee non è semplice: comprendere quali erbe selvatiche possano essere utilizzate a scopo alimentare è una disciplina chiamata “Fitoalimurgia”.  Approfondiamo l’argomento con Caterina Cardia, originaria di Pienza, che già da molti anni tiene corsi pratici per il riconoscimento e l’utilizzo delle erbe spontanee.

Benvenuta su queste pagine, Caterina! Come hai cominciato a occuparti di fitoalimurgia?

“Faccio questo mestiere ormai da molti anni, perché ho sempre avuto la passione del riconoscimento delle piante. Ho iniziato con la nonna, che era una persona che frequentava boschi, e grazie alla tradizione contadina ha memoria di questa scienza, anche se allora non veniva chiamata fitoalimurgia. Questo termine viene dal ‘700, coniato dall’agronomo Tozzetti, che in un periodo di profonda carestia a Siena cominciò a catalogare le erbe spontanee. Da lì è nata questa branca dell’agraria, la fitoalimurgia, ovvero la possibilità di alimentarsi tramite le piante che si trovano in natura. Questa tecnica ha compensato le carenze alimentari di vari periodi storici, nata appunto nei periodi di grande miseria e carestia. Si tratta di un sapere antichissimo, perché i primi uomini erano cacciatori e raccoglitori, non coltivatori. Un sapere tramandato dalla tradizione contadina, ripreso dalle nonne che utilizzavano queste piante normalmente in cucina e nella dieta delle famiglie contadine. La conoscenza rischiava di andare persa nel tempo, quindi ho pensato di riprenderla con tanta passione; ho iniziato con la nonna, poi con un’amica cuoca che mi ha insegnato tanto, e poi con un botanico, Augusto de Bellis, che mi ha insegnato la sistematica delle piante tramite i manuali di botanica.”

Nello specifico com’è possibile distinguere un’erba che si può mangiare da un’erbaccia?

“Prima di tutto, tramite la tradizione diretta, quindi l’insegnamento diretto. Perchè imparare a riconoscere le erbe spontanee soltanto tramite un manuale è rischioso, si può incappare in qualche errore. Generalmente quindi, si cerca qualche esperto e si chiede una consulenza. Quando abbiamo delle basi si può andare a cercare su un atlante botanico, aumentare la consapevolezza. C’è una regola antica che insegno spesso durante i corsi, ed è praticamente l’osservazione del fiore. Tutte le piante vengono catalogate dal fiore:  il fiore tipico delle piante che generalmente sono le più commestibili sono le composite. Il fiore tipico è la margherita, composto da fiori bianchi e gialli: quando si vede un fiore composto, generalmente si sa che sotto cresce una pianta commestibile. Poi può essere più buona o meno buona, però non ha tossicità.  Si cercano piante che si sviluppano a rosetta, con delle foglie che si sviluppano in cerchio attorno a un unico punto, ricordando le foglie di una lattuga. Si dubita sempre, quando si è principianti, di piante che hanno foglie molto lavorate oppure un portamento strisciante. Poi ci sono le eccezioni, ovviamente, ma lì c’è bisogno di un po’ di esperienza e di pratica per riconoscerli.”

Come possono essere impiegate le erbe spontanee?

“C’è un’infinità di piante edibili e commestibili nella flora italiana. Si utilizzano in cucina, si fanno le insalate; ci sono tutti gli agli spontanei, le cipolle e gli scalogni, ci sono i cardi, i carciofi selvatici, veramente un po’ di tutto, da queste piante poi sono state selezionate le varietà che adesso sono considerate prodotti ortofrutticoli. La lattuga che mangiamo comunemente viene da una lunga selezione delle lattughe spontanee, solo che in natura ce ne sono molte di più. Dalle nostre parti abbiamo anche l’amaranto, una pianta spontanea che viene dal Sudamerica, con cui gli inca e gli aztechi facevano il pane: si tratta di una pianta altamente nutritiva che può sostituire tanti altri tipi di alimenti. Io consumo il papavero, le foglie del papavero sono ottime! Lavoro con uno chef che le utilizza per fare il pesto, ed è buonissimo. Poi le erbe spontanee possono essere utilizzate per fare delle creme: ad esempio l’iperico, nella tradizione toscana viene utilizzato per fare l’oleolito, mettendolo a macerare nell’olio d’oliva. In questa pianta c’è un principio attivo, l’ipericina, che è un cicatrizzante e disinfettante; con questo olio le nostre nonne facevano un unguento per cicatrizzare le ustioni e lenire i dolori delle ferite. Poi ci sono tanti altri usi: i distillati, le erbe officinali spontanee, le piante con cui si stagiona il formaggio… gli usi sono tantissimi, l’argomento è enorme e interessante, il problema è che queste erbe spontanee rischiano l’estinzione.”

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L’utilizzo delle erbe spontanee diventa anche un modo per tutelare l’ambiente. Si tratta infatti di piante che hanno una loro stagionalità, giusto?

“Sì, sono piante con una loro stagionalità. Molte sono sparite, per esempio il fiordaliso dalle nostre parti non si vede più, eppure è una pianta che ha delle proprietà fitoterapiche notevoli, anche commestibile. Alcune cose le abbiamo perse, ci erano state date dalla natura, ma siamo arrivati a toglierci un tesoro che era importante per tutti perché era un’integrazione notevole, magari per coltivare del grano che spesso è modificato o impoverisce la terra, attraverso colture troppo intensive. Abbiamo perso tante piante che crescevano spontaneamente, non avevano bisogno di cure particolari e che ogni mese ci davano qualcosa, perché veramente si copre quasi tutto l’anno con queste piante, anche d’inverno si trovano cose interessanti. Conoscendole potremmo risparmiare e mangiare del cibo sano.”

Un consiglio per chi vuole cominciare a riconoscere le erbe spontanee?

“Il primo consiglio è cercare qualche signora che fa ancora questo mestiere. Quando si vede qualcuno che raccoglie qualcosa in un campo proviamo ad avvicinarci, ascoltare, guardare e imparare. Dopo aver parlato con un espertio si può comprare un piccolo libro di botanica. Ci sono bellissimi manuali di Augusto de Bellis, ad esempio “Le insalate di campo del Monte Amiata” oppure il manuale “Le erbe di Valdorcia”. Se volete contattarmi ho una pagina su Facebook che si chiama “Mangia il tuo Prato” e rispondo volentieri anche nel riconoscimento delle piante. “

Ringraziamo Caterina Cardia per il suo contributo: per chi fosse interessato, è possibile effettuare corsi di riconoscimento delle erbe spontanee nel suo orto giardino. Potete contattarla anche alla mail: caterina.cardia@gmail.com

(La foto di copertina è la Viola Mammola: secondo la tradizione, la prima viola dell’anno che si incontra durante una passeggiata si mangia esprimendo un desiderio!)

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